venerdì 28 ottobre 2011

SALVARE LA GRECIA PER SALVARE NOI ? NO, GRAZIE





Il primo ministro greco Papandreou esulta: il taglio di 100 miliardi, che porta l'ammontare del debito greco da 350 a 250 miliardi di euro, rende sostenibile il debito stesso.

Il presidente francese Sarkozy si vanta di aver salvato la Grecia, per impedire che dopo toccasse a noi: per arrivare a ciò, si è addirittura rischiata l'esplosione dell'Europa. L'errore è stato commesso dieci anni fa, quando si sono lasciati entrare i biechi levantini, che avevano truccato i loro conti.

Gia qui ci si potrebbe domandare come mai si stia tentando di tutto per tenersi "i ladri" in casa, anziché buttarli fuori facendosi ridare il maltolto. In più, nessuno dice chi mai siano questi geni della finanza così abili da essere riusciti a mettere nel sacco chi avrebbe dovuto controllare.

Comunque, così vanno le cose...

Tutti contenti, alla fine è stato raggiunto l'accordo che ha fatto tirare un bel sospiro di sollievo. Le borse sono balzate in alto, segno dell'approvazione dell'intesa raggiunta. Il cosiddetto "fondo salva-stati", che dei suoi originari 440 miliardi ne verserà seduta stante 100 alla Grecia, è stato aumentato con il sistema del leverage a 1000 miliardi di euro. Le banche private creditrici hanno ottenuto di veder rientrare i loro investimenti non più per un misero 21%, ma diirittura della metà (50%).

E ora che i governi e le banche esultano, bisognerà anche domandarsi chi ci perde, dato che in tutte le operazioni finanziarie se qualcuno incassa significa che qualcun altro paga.

La risposta è persino ovvia: noi.

Chi è interessato anche a capire perché, può tranquillamente leggersi questo articolo e poi meditare su come, ancora una volta, ci fregano con le parole...

mercoledì 26 ottobre 2011

I VERI BLACK BLOC ? DRAGHI E NAPOLITANO





Colgo fior da fiore alcune dichiarazioni fatte oggi dall'ormai ex presidente della Banca d'Italia - prossimo numero uno della Bce - e il purtroppo presidente della Repubblica...

"E' obiettivo fondamentale il recupero di uno stabile percorso di crescita della produzione e dell'occupazione da conseguire congiuntamente a quello non più rinviabile dell'equilibrio strutturale dei conti e della riduzione del debito pubblico". (Giorgio Napolitano)

"Un rilancio duraturo della crescita sostenibile passa soprattutto per le riforme strutturali da tempo invocate, in larga parte condivise ma tuttora inattuate". (Mario Draghi)

''Occorre dare piena e rapida attuazione alla manovra di settembre, in particolare definendo e realizzando rapidamente il previsto programma di di revisione della spesa pubblica''. (Mario Draghi)

"L'aggravarsi della crisi ha una dimensione mondiale ed europea, ma la particolare vulnerabilità dell'Italia ha radici nazionali: l'alto livello del debito pubblico, i dubbi sulle prospettive di crescita della nostra economia, le incertezze e i ritardi con cui si provvede alla correzione degli squilibri e alle misure di rilancio della crescita". (Mario Draghi)

La lettera d'intenti del governo all'Unione europea "è un passo importante verso un piano di sviluppo e di riforma dell'economia, ma il piano va fatto con rapidità e concretezza". (Mario Draghi)

Occorre "rispettare l'insostituibile apporto" alla costruzione europea di Francia e Germania, però desta preoccupazione "la riluttanza della seconda ad accettare ulteriori, ormai inevitabili, trasferimenti di sovranità". (Giorgio Napolitano)

Le leadership europee devono essere consapevoli "che è indispensabile procedere oltre i limiti rimasti ancora in piedi" nel Trattato di Lisbona. (Giorgio Napolitano)

"Non lasceremo che l'Euro ceda agli attacchi della speculazione e ad ondate di panico nei mercati finanziari: nessuno si faccia illusioni in proposito". (Giorgio Napolitano)

"Se l'Italia è cosciente delle sfide che ha davanti, deve essere capace di dare le risposte necessarie".
 Dando le risposte che Bruxelles ci chiede "non si tratta di rendere omaggio alle istituzioni europee, si tratta di fare il proprio interesse nazionale e di dare il suo contributo nell'interesse europeo". (Giorgio Napolitano)

"Nessun argomento consistente è stato portato per mettere in questione la validità della scelta dell'euro e la sua irreversibilità. Già all'inizio degli anni '90, quando si fece quella scelta, non c'era alternativa all'unione monetaria e non ce n'è oggi alcuna alla prosecuzione del cammino dell'euro". (Giorgio Napolitano)

Di fronte alle "crisi del debito sovrano. A ciò si è reagito e si sta reagendo, da parte delle istituzioni europee e dei governi nazionali, con misure straordinarie e con rilevanti innovazioni. Ed è da apprezzarsi il contributo che è venuto e viene dalla Banca centrale europea, anche riempiendo qualche vuoto politico-istituzionale". (Giorgio Napolitano)

Ormai la costruzione europea ha "delle fondamenta talmente profonde, che si è creata un'interconnessione e compenetrazione così radicata tra le nostre società, tra le nostre istituzioni, tra le forze sociali, i cittadini e i giovani dei nostri paesi, che nulla può farci tornare indietro, che non è pensabile uno sfaldarsi di questa costruzione". (Giorgio Napolitano)

E' uscito da poco il testo della lettera con cui il governo italiano ha messo nero su bianco le tappe con cui il Paese sarà trasformato in una "sacca di lavoro cinese in Europa".

Questi due sono i nostri veri Black Bloc.

sabato 22 ottobre 2011

PARLA IL BLOCCO NERO : SENTITE COSA DICE

Avrei voluto scrivere un commento a questo video, ma è impresa che va oltre le mie capacità.
Avverto subito: arrivare fino in fondo è una vera e propria impresa.
Però, consiglio di farlo: per certi versi ciò che l'intervistato dice è molto interessante.
E' proprio con queste posizioni che il movimento dovrà confrontarsi in futuro.





Per i più pigri, ecco il "bignamino".




L'unico commento che faccio è:
  • Se l'intervistato ha più di vent'anni, mi taglio le palle.
  • E' preoccupante prendere atto che le nuove generazioni abbiano tanta supponenza da pensare di avere la verità in tasca.

giovedì 20 ottobre 2011

IN LIBIA LA RIVOLTA E' FINITA. IN GRECIA STA INIZIANDO





Mentre i leaders mondiali tirano un sospiro di sollievo per la morte del "tiranno" libico, che si porta nell'aldilà anche gli incofessabili segreti delle sue relazioni internazionali, in Grecia il parlamento è inutilmente impegnato ad evitare di far precipitare il paese nel baratro del default.

(TMNews) Un uomo è morto nel corso degli scontri con la polizia davanti al parlamento di Atene. L'uomo sarebbe deceduto in ospedale dove era stato ricoverato dopo i tumulti scoppiati per protestare contro le ennesime misure anticrisi. L'uomo, un muratore, era stato ferito alla testa durante le violenze scoppiate a metà giornata tra manifestanti comunisti e gruppi di giovani provocatori incappucciati. Le cause della morte non sono ancora state chiarite. I manifestanti, muniti di spranghe di legno e bastoni, si sono si sono radunati davanti al parlamento dove i deputati stavano votando le nuove misure economiche. In piazza nella capitale greca sono scesi circa 17.000 manifestanti.

Le forze dell'ordine hanno sparato lacrimogeni per respingere alcuni gruppi di giovani che lanciavano pietre e cocktail Molotov contro l'edificio.Secondo una televisione privata greca un manifestante, caduto da un muro, è rimasto ferito alla testa.

Gli incidenti sono iniziati dopo una rissa tra giovani incappucciati e il servizio d'ordine del fronte sindacale comunista Pame, che si trovava vicino alle ringhiere di ferro messe a difesa dell'ingresso del parlamento. Ieri gli incidenti hanno causato almeno 70 feriti, di cui 50 poliziotti.

Il parlamento è chiamato ad approvare in via definitiva le nuove misure dettate dei creditori del Paese, Ue e Fondo monetario internazionale (Fmi), già approvate ieri sera con 154 sì dei deputati del Pasok, partito socialista del premier George Papandreou, contro 141 no, su 295 deputati presenti. Le nuove misure prevedono una riduzione del numero degli impiegati pubblici e un taglio al loro stipendio, aumenti delle imposte e il congelamento di convenzioni collettive. Ciò comporterà un abbassamento generalizzato dei salari anche nel settore privato.

"Il governo, il Fondo monetario internazionale (Fmi) e l'Unione europea (Ue) nuocciono alla salute", hanno scandito i dipendenti del settore della sanità. Il centro di Atene è nuovamente chiuso alla circolazione e il Parlamento è circondato da decine di furgoni delle forze dell'ordine in assetto anti-sommossa.

LA PROTESTA NON POTRA' ESSERE SEMPRE PACIFICA. BISOGNERA' SEGUIRE L'ESEMPIO DI " ER PELLICCIA " ?





Voglio essere chiaro sin da subito: penso che il movimento di protesta che ha sfilato sabato in centinaia di città del mondo dovrà in futuro prendere in considerazione l'ipotesi di "alzare il livello dello scontro", perché altrimenti non otterrà nulla di quello che chiede.

Se questa è una rivolta, la sua strada è chiaramente tracciata. Altrimenti sarà una semplice protesta per fare in modo che chi viene contestato prenda atto che non si condividono i suoi progetti: ma dubito che a chi di dovere freghi più di tanto.

E' evidente che il sistema tollera la protesta, basta che questa si svolga secondo le regole che esso stesso impone: Draghi che dice che i giovani fanno bene a protestare deve essere un grosso campanello d'allarme, perché in realtà sta facendo sapere che le proteste pacifiche non sono temute.

In questo senso quindi, come ho cercato di spiegare in un precedente post, ciò che non è pacifico non deve essere aprioristicamente condannato: sarebbe come far sapere al potere che in realtà non si intende combatterlo.

A questo punto, però, occorre analizzare attentamente quello che è successo.

In questi giorni la rete è invasa da innumerevoli commenti: chi sostiene che i "black bloc" siano infiltrati manovrati da qualcuno allo scopo di distruggere il movimento; chi esalta questa nuova ventata rivoluzionaria, asserendo che d'ora in poi bisognerà fare i conti con questa nuova realtà; chi, ancora, mette in risalto il fatto che non si trattava solo di 500 infiltrati, ma di un numero consistente di persone che, pur rappresentando una minoranza dei manifestanti, comunque godeva dell'appoggio attivo e passivo di un gran numero di persone ( seppure minoritario rispetto al totale di chi c'era).

Oggi ho trovato su "L'eco della rete" questo articolo a firma di Fiorenzo Fraioli che condivido in pieno e di cui consiglio la lettura.

In questo articolo viene spiegato in modo semplice e chiaro cosa non va nell'odierna esaltazione del mito della rivolta, che l'arresto di "er pelliccia" ha contribuito a rendere tragicomica, poiché denota una totale mancanza di assunzione di responsabilità di chi, scoperto, non ha il coraggio di farsi carico del suo gesto (lanciare un estintore e dire che lo si è fatto per tentare di spegnere un incendio è un esempio calzante di ciò); e, al contempo, vi è un'analisi sulla situazione del movimento che, dopo sabato, dovrà per forza, pena il fallimento, prendere atto che nella società odierna esistono aree di protesta radicali - cioè più violente - di cui non si può non tenere conto.

lunedì 17 ottobre 2011

CARABINIERI ? NON PIU'. ADESSO SI CHIAMANO EUROGENDFOR: LA NUOVA POLIZIA EUROPEA CON POTERI ILLIMITATI





C'è qualcuno che sa cos'è e cosa contiene il Trattato di Velsen?

Qualcuno ha mai sentito pronunciare il nome EUROGENDFOR?

No?

Allora, spieghiamo cosa sono e perché tutti i cittadini dovrebbero preoccuparsene.

Il Trattato di Velsen è stato firmato da Italia, Francia, Portogallo, Spagna e Olanda, a cui, successivamente, si è aggiunta pure la Romania. Con questo trattato, il 18 Ottobre del 2007, ha visto la luce l'EUROGENDFOR, acronimo di European Gendarmerie Force (http://www.eurogendfor.eu/), cioè la costituzione di un'unica forza di polizia che raggruppa le varie polizie militari, nel nostro caso i Carabinieri, dei paesi contraenti.

Questa Polizia sovranazionale sarà a disposizione della UE, dell’OSCE, della NATO o di altre organizzazioni internazionali o coalizioni specifiche.
Una forza pre-organizzata e dispiegabile in tempi rapidi e capace di eseguire tutti i compiti di polizia previsti nell’ambito delle operazioni di gestione delle crisi.
Potrà garantire la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico, eseguire compiti di polizia giudiziaria, monitorare la polizia locale nell’adempimento dei propri servizi, compiere investigazioni criminali, dirigere la pubblica sorveglianza, operare come Polizia di frontiera, regolamentare il traffico, acquisire informazioni e svolgere operazioni di intelligence, proteggere la popolazione e la proprietà.
E, dulcis in fundo, godrà anche di una pressoché totale immunità per tutto quello che riguarda i suoi compiti.

Infatti, andando a leggere gli articoli del trattato, possiamo leggere (art. 21) che "i locali, edifici, archivi (anche informatici ed anche se non ivi presenti) appartenenti ad Eurogendfor sono inviolabili"; che (art.22) "le proprietà ed i capitali di Eurogendfor sono immuni da provvedimenti esecutivi dell'autorità giudiziaria"; che (art.23) "tutte le comunicazioni degli ufficiali di Eurogendfor non possono essere intercettate"; che (art.28) "i Paesi firmatari rinunciano a chiedere un indennizzo per danni procurati alle proprietà nel corso della preparazione o esecuzione delle operazioni. L’indennizzo non verrà richiesto neanche in caso di ferimento o decesso del personale di Eurogendfor"; e, infine, che (art.29) "gli appartenenti ad Eurogendfor non potranno subire procedimenti a loro carico a seguito di una sentenza emanata contro di loro, sia nello Stato ospitante che nel ricevente, in uno specifico caso collegato all’adempimento del loro servizio".

Già così c'è da farsi rizzare i capelli in testa. I nostri Carabinieri diventano un corpo totalmente svincolato dalle leggi italiane, i cui appartenenti godono di piena libertà operativa, non sono assolutamente più perseguibili anche nel caso di palesi violazioni di qualunque diritto e non devono risarcire alcunché in caso di danni a cose e/o persone.
In più, il quartier generale di questa forza armata sovranazionale e tutti i materiali in essa contenuti, sono assolutamente inviolabili e inaccessibili: una totale extraterritorialità.

E dove si trova questo inaccessibile centro spionistico-investigativo? A Vicenza, presso la caserma dei Carabinieri "Generale Chinotto", vicinissimo alla più grande base Usa presente in Italia, che non dipende dalla Nato, bensì direttamente dal Pentagono. Strane coincidenze.

Ma mica è finita qui. C'è anche di peggio.

Leggendo l'articolo 4 del trattato, si scopre che l'Eurogendfor potrà operare anche in sostituzione delle forze di polizia aventi status, per così dire, civile in tutte le fasi di gestione di una crisi.
Inoltre, il proprio personale potrà operare sia sotto il comando militare, che sotto quello civile.

L'unico organo a cui questa organizzazione è tenuta a rispondere del proprio operato è il suo comitato interno, composto da appartenenti all'organizzazione stessa: una vera garanzia di trasparenza.

Questo democraticissimo trattato è stato ratificato dal parlamento italiano, praticamente all'unanimità il 14 Maggio 2010 con la Legge n.84 ed è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale l'11 Giugno seguente.
Pare che i nostri prodi onorevoli abbiano votato la ratifica senza aver mai letto il trattato vero e proprio (http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/gendarmeria_europea/trattato_velsen.pdf), ma in base ad un compendio riassuntivo del testo (http://www.governo.it/backoffice/allegati/53177-5775.pdf).

Pensate a come si potrà manifestare tranquilli, quando l'ordine pubblico sarà garantito da costoro.
Forse la proposta di oggi di Di Pietro, di una nuova legge "Reale", andrebbe salutata con sollievo...

ATTENTI, CHE' QUESTI IL MORTO LO VOGLIONO DAVVERO

le nuove reclute della "celere"


Per prima cosa, provo grande compassione per quel carabiniere che s'è beccato un infarto mentre era impegnato nel suo servizio di "ordine" pubblico. Spero che si riprenda e che, finalmente, i suoi capi lo mettano a lavorare in un posto più "dignitoso" per un cinquantenne.

Un episodio così tragicomico non ricordo di averlo mai sentito prima d'ora durante una manifestazione.

Adesso, poi, salta fuori che la maggioranza di quanti tra polizia e carabinieri vengono mandati in piazza è talmente attempata da non farcela più a correre dietro a baldi teppisti ventenni pieni d'energia e desiderosi di spaccare tutto ciò che trovano sul loro percorso.

Una sorta di armata Brancaleone. Sotto quei caschi e dietro quegli scudi si celerebbero in realtà persone ormai fiaccate dall'incedere degli anni, a cui invece che dei fiori sui loro blindati, andrebbero donate pastiglie per migliorare la circolazione e per tenere sotto controllo la pressione. Quella che una volta era la temuta "celere" si sarebbe insomma tramutata negli anni in un reparto geriatrico di pubblica sicurezza.

Sarà che "a pensar male si fa peccato", ma a me sembra che la scelta di sparare questa notizia all'indomani dei vandalismi romani non sia frutto di un caso.
Sembra quasi che si voglia far sapere ai teppisti di sabato che possono anche "alzare il livello dello scontro"

Non mi sembra insomma così campata per aria l'idea che questo sia una sorta di "invito", e che forse sarà il caso di fare molta attenzione d'ora in avanti: non dimentichiamoci che i "nonnetti" che mandano in piazza, forse non avranno più il fisico, ma di sicuro non ci vanno disarmati.

domenica 16 ottobre 2011

PAOLO BARNARD : "IL PIU' GRANDE CRIMINE". AGGIORNAMENTO 8 : OPERAI DELLA FIAT, OGGI SIETE COME DEI POLLI !

Guardatevi, operai della Fiat di oggi. Ma guardatevi in questo modo: mettetevi su un balcone più in alto e state affacciati a osservare Mirafiori e Pomigliano. Cosa si vede da lì su? Si vede un pollaio dove in 4 metri quadri di terriccio puzzolente i polli si agitano per difendere i loro 4 metri quadri di terriccio puzzolente. E che starnazzare! Il Pollo Landini poi è il più agitato. Ma il padrone dice no: “Quattro metri quadri oggi sono troppi, stringiamo la rete. Al massimo vi do 3 metri”. E allora i polli si azzuffano, fra quelli che dicono “Bè dai! Tre metri mica fanno schifo!”, e quelli che gridano “No! Erano 4 metri e quelli vogliamo! Sono il nostro diritto, qui si giocano i nostri diritti!”. E giù a sbeccarsi l’un l’altro, e giù a starnazzare, e c’è un gran caos, e ancora più puzza perché il terriccio si rimescola, e i polli sono sempre più malconci, spelacchiati, depressi, e via così.
Ora, come nei film, la telecamera si alza, zooma indietro e il pollaio diventa sempre più piccolo, gli starnazzamenti sempre  più lontani, mentre il panorama attorno entra nella visuale gradualmente. E allora si vedono i campi attorno al pollaio, poi la collina, poi la vallata, poi la pianura e l’orizzonte con le montagne e i fiumi e i mari e il cielo all’infinito. E voi perché siete lì nella puzza a sbeccarvi per 3 o 4 metri quadri di una prigione? “32 euro sto mese? Evvvaii!!...” Ehh? Ma come Cristo vi hanno ridotti ad accettare conflitti sociali dove i vostri rappresentanti alzano la V di vittoria, e voi vi sentite vincenti, se portano a casa un sesto di diritto piuttosto che il settimo proposto dal manager? Ma come vi siete conciati in quel modo? Lo sapete che nessuno vi ha mai raccontato chi veramente vi ha fottuti?
Ora, se voi polli volete recuperare la ragione – ma soprattutto la vostra vita, date un calcio al referendum, alla FIOM, ai giornali, alle riunioni in fabbrica, ai sindacati (e chi ha bisogno di Marchionne con sindacati così?), e rendetevi conto di ciò che segue.
La ragione per cui siete in queste condizioni è precisamente perché
- vi hanno rinchiusi in un pollaio, vi hanno convinti che lì dentro stanno i giochi e lì dovete concentrarvi. Tutto vogliono meno che voi scopriate che le fonti dei vostri mali stanno TUTTE fuori dal recinto Italia, perché se le scoprite allora gli inceppate il gioco e li potete fregare.
- vi hanno convinti che la libertà e la dignità oggi per voi significhi contrattare su un altro metro quadro di recinto infestato di cacca. Sperano che a nessuno di voi salti in mente di accorgersi che fuori dalla rete del pollaio ci sono spazi di salvezza illimitati in termini economici, che vi hanno sempre tenuti nascosti.
Ora bando alle ciance ed ecco le cose da sapere.
La domanda è: da dove vengono i vostri mali di operai cronicamente perdenti, sempre dalla parte delle badilate in faccia, sempre a risicare lavoro, persino a supplicarlo? Risposta: non vengono dal governo, non dalle leggi italiane, non dai partiti della Casta, non dalla mafia, non da Tremonti, non da Craxi Forlani Andreotti, non dal debito pubblico. No. Che i salari di chi lavora e il lavoro stesso dovessero passare dall’essere un diritto umano a una carità elemosinata a masse di perdenti, fu sancito in luoghi e tempi che voi non conoscete, da gente che non immaginate, con le seguenti idee: primo, pensarono che se i lavoratori aumentano i loro redditi essi spenderanno di più, e se spenderanno di più circolerà più denaro, e se circolerà molto denaro ci sarà inflazione, e l’inflazione colpisce il valore della moneta, e se la moneta perde di valore i ricchi perdono privilegi. Secondo, pensarono che i lavoratori ben pagati sono forti, acquisiscono pretese. I malpagati e i precarizzati sono invece deboli, spaccano i sindacati, e le grandi industrie fanno più profitti, ed esportano di più. Se poi esse licenziano, i Mercati le premiano apprezzando le loro azioni e i manager di quelle industrie incasseranno premi milionari. Ma se licenziano, gli Stati s’indebitano con la Cassa Integrazione e altri ammortizzatori, e se si indebitano devono poi privatizzare i beni pubblici per pagare i debiti, e se privatizzano lo faranno a prezzi stracciati perché sono indebitati, e se i prezzi sono stracciati gli investitori compreranno a due soldi aziende e infrastrutture, poi licenzieranno e la ruota torna a giare su se stessa, con alla fine sempre tu, operaio a pagare il prezzo di tutto. In due parole: ideologia Neoliberista. Nasce a Chicago negli anni ’60, il padre si chiama Milton Friedman, conquista la politica di tutto il mondo ricco in soli 20 anni, attraverso i finanziamenti immani della Commissione Trilaterale, del Gruppo Bilderberg, e della maggiori fondazioni di destra americane. In Italia i portavoce di questa idra mostruosa sono gli Alesina, Stagnaro, Mingardi, Draghi, Ciampi, Padoa Schioppa, Prodi, Visco, D’Alema, e altri; in Europa i Brittan, Thatcher, Mitterrand, Kohl, Issing, Waigel, Attali, Von Rompuy, Merkel, Sarkozy, Juncker, Lagarde, solo per citarne alcuni. La pianificazione di questa idea criminale, prima di uscire potente da Chicago, era partita in realtà in Francia prima della seconda guerra mondiale, con lo scopo dichiarato di forgiare nazioni che “in futuro otterranno la supremazia dei super profitti e dell’accumulo di ricchezza imponendo la povertà nel lavoro” (Perroux 1933)
E’ quello che vi sta capitando, cioè un attacco ai salari senza precedenti in tutto il mondo occidentale pianificato da 30 o addirittura 70 anni, e questi sono coloro che l’hanno voluto e portato fino a oggi. QUESTO E’ IL TUO NEMICO operaio!, e non si riunisce nel Pdl o in Confindustria (più facile che sfiorino il Pd). I manovratori stanno nella Federal Reserve in USA, nella Commissione Europea, nella Banca Centrale Europea, nelle Banche Centrali dei Paesi dell’euro, nei ministeri del Tesoro di Francia e Germania e Stati Uniti, ma soprattutto SONO GLI INVESTITORI nella City di Londra, negli Hedge Funds, nei Fondi Pensione europei, a Wall Street, a Pechino. E dettano legge sulle teste di ogni governo, senza eccezione. Marchionne a loro risponde, sempre. Marchionne è un loro pupazzo. Da qui capite che sbraitare in Italia su diritti, salari e occupazione è inutile, è esattamente come sbraitare col cassiere della vostra banca alla Fantuzza di Medicina perché i mutui costano troppo. Il disegno è molto più antico e ampio, potente e al sicuro. Va scovato e combattuto. La linea corretta non è Mirafiori-Sacconi, ma Mirafiori-Neoliberismo. Altrimenti non ne uscite.
La domanda è: come è permesso oggi a un’azienda come la Fiat, che ha succhiato il sangue dei contribuenti e dei meridionali italiani per 40 anni, ricattare arrogante il nostro Paese? Risposta: accade perché a partire dai primi anni ’80 l’Italia, e ogni altra nazione, ha ceduto la propria sovranità economica al Mercato. Cioè? Presto detto: uno Stato con moneta sovrana (noi avevamo la lira, oggi l’Italia non ha moneta sovrana, l’euro ce lo prestano i privati) avrebbe sempre potuto comprare tutto ciò che voleva, e senza limiti di spesa, a patto che tutto ciò che comprava fosse prezzato nella sua moneta. In Italia, lo Stato poteva comprare tutto il lavoro degli italiani, TUTTO, fino all’ultimo lavoratore residente. Cioè creare la piena occupazione impiegando il 100% dei disoccupati = 0% di disoccupati. Poteva comprare tutti gli ospedali, tutte le scuole, tutte le strade, tutti gli asili nido, tutte le case di riposo, tutti gli operatori sociali, pagare tutte le pensioni che voleva. Cioè creare il pieno Stato sociale. Poteva investire in tutti i settori privati che voleva, creando produttività italiana anche nel privato. Non l’ha mai fatto, perché se no il Mercato avrebbe perso. Il Mercato (leggi la prima domanda) si è comprato l’economia, la politica, i sindacati, e ha deciso che per non perdere profitti doveva far soffrire milioni di lavoratori e per decenni. Avendo bloccato, proprio soffocato a morte, la capacità dello Stato a moneta sovrana di spendere per i cittadini, è rimasto lui, il Mercato, l’unico attore in grado di spendere per noi. “Investimento sì… investimento no… Lo volete?", "Sììì… per carità”, gridiamo tutti. E allora fate quello che vogliamo noi, quello che voglio io dice Marchionne. “Pollo della Fiat, vuoi lavorare?” “Devo, per carità!”, allora vota sì e stai nel pollaio (e lì crepa), se no niente investimento.
Ma ecco come quello stesso colloquio avverrebbe con uno Stato a moneta sovrana che spende per la piena occupazione, il pieno Stato sociale e la produttività:
“Pollo della Fiat, vuoi lavorare?” “Sì, ma a condizioni di dignità, e tu signor Marchionne a lavorare da pollo ti ci metti tuo cugino. Io m’iscrivo al programma di Piena Occupazione del mio governo, percepisco un pieno stipendio e ho anche il pieno welfare. Distinti saluti”. Fantasie? Affatto. Lo Stato argentino, seppur ridotto a brandelli dal Mercato, capì la lezione di cui sopra e nel 2001 offrì lavoro pagato dal governo a ogni capofamiglia esistente nel Paese. Due milioni di disoccupati tornarono al lavoro, che in proporzione al numero degli abitanti è una massa immensa, e nel giro di due anni l’Argentina ebbe la più alta crescita economica del mondo. Lo hanno fatto loro in condizioni drammatiche, immaginate la ricca Italia.
Ora, prima di continuare, una precisazione:
- OGNI SINGOLO CONCETTO SOPRA ESPRESSO E’ SCIENZA ECONOMICA DIMOSTRATA DA ALMENO 40 ANNI DA ALCUNE DELLE PIU’ PRESTIGIOSE SCUOLE DI ECONOMIA DEL MONDO.
Perderemmo la Fiat? Meglio. Primo, come ho già scritto, Marchionne non solo sta seviziando dei poveri polli, Marchionne li inganna pure, mentre li torchia. Infatti  è noto ai manager di tutte la grandi aziende del settore automobilistico che fra pochi anni la presenza umana in catena di montaggio sarà eliminata. In Korea i nuovi stabilimenti auto non hanno illuminazione, perché non esistono umani là dentro. Questa evoluzione è infermabile, come lo fu nel traffico marittimo, dove i 70-80 marinai delle petroliere si sono ridotti a 8-10 per nave, il resto sono computers. Inutile versare sofferenze per anni con la sola certezza che sarà per nulla. Lasciate a un gonzo ignorante come Antonio D’Anolfo dell’Ugl la fesseria che “Noi salviamo la filiera dell’auto in Italia”, o a Bonanni di ragliare “Noi pensiamo a come far uscire i lavoratori dalla precarietà”. Cretinate, è precisamente il contrario, voi perderete ogni singolo posto di lavoro, è già deciso ma non ve lo dicono. Avete visto a Detroit l’altro giorno? Cosa dicono a voi le sigle QNX, Nvidia, Entune, Prius V hybrid, Microsoft Bing app, BlueLink in-car, Moustick, In-dash navigation? Vi dicono che fra una manciata di anni le Fiat saranno 80% Information Computer Technology e 20% metalmeccanica da far sbrigare a qualche robot. Voi, quelli con la tuta e due braccia e due gambe? Un ricordo della preistoria.
In secondo luogo, Cina e India entreranno presto nel mercato dell’auto, e quando questo accadrà non solo salterà la Fiat, ma l’intero sistema produttivo mondiale. Già oggi uno sternuto della Cina mette a rischio il vostro lavoro in Fiat, come accaduto il 27 dicembre scorso quando Pechino ha annunciato che il numero delle licenze automobilistiche verrà drasticamente ridotto nel 2011 (a 1/3) nella capitale, ma anche a Shangai: i titoli auto in borsa sono crollati. In conclusione, dovete guardare avanti, cioè proprio alzarvi da sto pollaio e vedere ben oltre, e iniziare a correre ai ripari oggi:
Capire chi veramente decide del vostro salario; capire perché fu decisa la distruzione del lavoro, quando e da chi. E prenderli di mira.
Capire che se state con la testa laggiù a starnazzare dentro 4 metri quadri di pollaio non ne verrete mai fuori, anzi, è proprio quello che il Vero Potere vuole per fottervi tutti. E’ quello che  avete fatto il 14 gennaio, vi hanno fregati un’altra volta.
Fiat e metalmeccanica a farsi benedire, Marchionne a gracchiare “investimento sì… no” contro un muro.
L’Europa fuori dall’euro e di nuovo con monete sovrane e quindi…
... Piani di Piena Occupazione per tutti voi, pagati dal governo in Italia in settori lavorativi ad alta densità di presenza umana insostituibile. (gli studi sono pubblicati dal Center for Full Employment and Price Stability Univ. of Missouri Kansas City; Levy Economics Institute Bard College, New York, e molti altri)
Infine dire alla FIOM di aggiornarsi.
E a te pollo Landini ho da dire cose dure. Gli operai sono giustificati, perché non hanno il tempo materiale per capire, sapere, orientarsi. Ma voi siete i sindacalisti e il vostro compito era precisamente quello di accorgervi di cosa stava succedendo e di chi erano i colpevoli. Invece sono decenni che ignorate del tutto il disegno del Vero Potere per arrivare al più feroce attacco ai salari della Storia moderna; ignorate cosa sia stato il Neomercantilismo franco-tedesco in Europa, e cosa sia il rigurgito delle teorie economiche Neoclassiche e Neoagrarie che succhia il sangue ai chi lavora e paralizza gli Stati; ignorate cosa sia stato Maastricht e Lisbona per i lavoratori, con l’abolizione di fatto dell’articolo 40 della Costituzione italiana sul diritto di sciopero e che il Patto di Stabilità fu disegnato proprio per uccidere il lavoro; ignorate cosa decise la Commissione Trilaterale nel 1975 per distruggervi, e ci sono riusciti, perché oggi credete di essere uno zoccolo duro dei diritti quando invece siete lo zoccolo duro del pollaio puzzolente dove contrattate solo sul grado di abolizione dei diritti; ignorate cosa sia la Nicaraguizzazione dei lavoratori e vi fate fregare ogni volta da questa pornografica strategia del Potere, cioè: si torturano a sufficienza gli esseri umani, così che alla fine i torturati pur di smettere di subire la tortura voteranno per coloro che li torturano perché sono quelli che controllano gli strumenti di tortura. Ti dice niente Landini? Niente su Pomigliano e Mirafiori?
Cosa ci fate ancora in quel pollaio, ciechi volatili ridotti all’indecorosità della lotta per conservare un metro di schiavitù? Avete capito chi è il nemico? Avete capito cosa può fare uno Stato a moneta sovrana per voi? Cosa aspettate a volare sopra la rete e a diventare persone che conquistano diritti? Oggi siete dei polli, operai.

LA VIOLENZA E LE VIOLENZE : PERCHE' SONO UN FIANCHEGGIATORE





Una grande manifestazione pacifica a Roma di centinaia di migliaia di persone pacifiche, rovinata da poche centinaia di violenti, che hanno messo a ferro e fuoco la città eterna.
Questa la sostanza del messaggio che tutti i media hanno fatto passare, a beneficio di chi non ha partecipato.

Che questo risultato fosse stato in larga parte previsto e auspicato da qualcuno direi che può essere più che un sospetto. Del resto, fare in modo di lasciare lungo le strade di un corteo molte macchine parcheggiate non mi pare sintomo di una “gestione della piazza” oculata, anzi. Direi che si è voluto lasciare delle esche, nella speranza che certi pesci abboccassero. In più, non credo che le “forze dell'ordine” siano così inermi da non essere state a conoscenza della presenza di “poche centinaia” di violenti (mica dieci o venti scalmanati).

La mia sensazione è che si sia voluto lasciar fare proprio per ottenere il duplice risultato di far fallire la manifestazione da un lato, e di ottenere un argomento di sicura presa sull'opinione pubblica dall'altro, proprio per far affogare in un mare di chiacchiere inutili le ragioni dei manifestanti.

Direi che l'obiettivo – meglio: gli obiettivi – sono stati perfettamente centrati: il dibattito si è immediatamente spostato sulla ferma condanna delle violenze e sulla richiesta fatta chiaramente agli organizzatori, e implicitamente a tutti coloro che hanno partecipato alla manifestazione, di condannare nettamente non i singoli episodi, ma LA violenza in generale: cosa che è stata prontamente fatta.

“Chi non condanna la violenza è un fiancheggiatore” e “occorre isolare le frange violente dal movimento” sono le parole d'ordine urlate a squarciagola da tutti.

Fermiamoci però un attimo a rifletterci sopra.

Dato che personalmente sono convinto che gli episodi di violenza di ieri siano stati nella migliore delle ipotesi colpevolmente e nella peggiore volutamente provocati, sono d'accordo sul fatto che siano da condannare. Per di più, assaltare una banca (dove soldi ormai ne tengono pochini, e poi mica hanno assaltato Goldman Sachs), un supermercato, o incendiare la macchina di un anonimo tizio (anche se è un'Audi, chi ti dice che non è stata pagata a rate?), siano gesti inutili e cretini.

Aggiungo anche che in questo momento, in cui il movimento sta allargando le sue basi, è necessario il dialogo e il confronto tra tutti coloro che più o meno attivamente ne fanno parte.

Quindi sicuramente bisogna distinguersi da questi episodi. E dico distinguersi, perché sono convinto che in mezzo a quelli che sono stati definiti teppisti ci sia anche qualcuno che teppista di professione non è, ma che si sia fatto per così dire tirare in mezzo. E prima di condannarlo e isolarlo, forse sarebbe il caso di provare a spiegargli (volendo, anche a calci in culo) dove e perché sbaglia, se non, addirittura, ascoltare le sue motivazioni (se ci sono).

Se però la richiesta che viene imposta è quella di condannare non gli episodi di, ma LA violenza, allora mi dispiace, ma io sono un fiancheggiatore e secondo me sbagliano tutti quelli che non lo sono.

Provo a spiegarmi. Tutte le rivolte e/o le grandi rivoluzioni del passato hanno sempre avuto, volenti o nolenti, un carattere violento, perché solo con la violenza è possibile provocare un cambiamento traumatico di un sistema.

La rivoluzione francese è stata violenta; il Risorgimento italiano è stato violento; la lotta partigiana è stata violenta, solo per citare alcuni esempi. Ebbene, io non ho memoria di nessun personaggio che in quelle epoche si sia alzato a dire che “chi non condanna la violenza è un fiancheggiatore” o che “occorre isolare le frange violente dal movimento”.

Infine, l'esempio secondo me più importante: la lotta pacifica per l'indipendenza dell'India.

Il Mahatma Gandhi, quello vero, predicò di affrontare il proprio nemico facendosi perfino macellare col sorriso sulle labbra. Ma disse anche che se non si posseggono i mezzi per fare ciò, l'apatia non può mai essere giustificata. E allora che si imbraccino i fucili e si spari al nemico. Questo disse Gandhi.

Allora cosa facciamo ? Isoliamo e condanniamo anche lui?

venerdì 14 ottobre 2011

OGGI I NODI VENGONO AL PETTINE. SICURI CHE NESSUNO L'AVESSE PREVISTO ?

ITALIA ALL'ASTA : LA STRATEGIA ANGLO-AMERICANA DIETRO LE PRIVATIZZAZIONI IN ITALIA

Documento diffuso dall'EIR e dal Movimento Solidarietà il 14 gennaio 1993

Il 2 giugno 1992, a pochi giorni dall'assassinio del giudice Giovanni Falcone, si verificava in tutta riservatezza un altro avvenimento che avrebbe avuto conseguenze molto profonde sul futuro del Paese.
Il «Britannia», lo yacht della corona inglese, gettava l'ancora presso le nostre coste con a bordo alcuni nomi illustri del mondo finanziario e bancario inglese: dai rappresentanti della BZW, la ditta di brockeraggio della Barclay's, a quelli della Baring & Co. e della S.G. Warburg. A fare gli onori di casa era la stessa regina Elisabetta II d'Inghilterra. Erano venuti per ricevere alcuni esponenti di maggior conto del mondo imprenditoriale e bancario italiano: rappresentanti dell'ENI, dell'AGIP, Mario Draghi del ministero del Tesoro, Riccardo Gallo dell'IRI, Giovanni Bazoli dell'Ambroveneto, Antonio Pedone della Crediop, alti funzionari della Banca Commerciale e delle Generali, ed altri della Società Autostrade
Si trattava di discutere i preparativi per liquidare, cedere a interessi privati multinazionali, alcuni dei patrimoni industriali e bancari più prestigiosi del nostro paese. Draghi avrebbe detto agli ospiti inglesi: “Stiamo per passare dalle parole ai fatti”. Da parte loro gli inglesi hanno assicurato che la City di Londra era pronta a svolgere un ruolo, ma le dimensioni del mercato borsistico italiano sono troppo minuscole per poter assorbire le grandi somme provenienti da queste privatizzazioni. Ergo: dovete venire a Londra, dove c'è il capitale necessario.
Fu poi affidato ai mass media, ed al nuovo governo Amato, il compito di trovare gli argomenti, parlare dell'urgente necessità di privatizzare per ridurre l'enorme deficit del bilancio. Al grande pubblico, sia il governo che i mass media hanno risparmiato la semplice verità che il “primo mobile” dietro tutto il dibattito sulle privatizzazioni è costituito dalle grandi case bancarie londinesi e newyorkesi. L'obiettivo è semplicemente quello di prendere il controllo di ogni aspetto della vita economica italiana sfruttando le numerose scuse di ingovernabilità, corruzione, partitocrazia, inefficienza, ecc.Prima di esercitarci a calcolare quante lirette il ministero del Tesoro potrebbe ottenere dalla svendita dell'ENI, dell'IRI ecc., cerchiamo di mettere in luce i presupposti filosofici dei banchieri londinesi e dei loro associati newyorkesi della Goldman Sachs, Merrill Lynch e Salomon Brothers e dei loro sostenitori nel Fondo Monetario Internazionale, nell'OCSE e nel mondo dei mass media.
Queste grandi finanziarie di New York e Londra su cui si fonda il potere anglo-americano gestiscono il gioco della liberalizzazione dei mercati internazionali. Ne scrivono e riscrivono le regole per massimizzare di volta in volta i profitti. A Bruxelles contano su sir Leon Brittan, fratello del Samuel Brittan direttore del Financial Times . Fino al gennaio 1993 Leon Brittan è stato Commissario della CEE per la Politica di Concorrenza ed è l'autore delle regole bancarie ed assicurative che hanno favorito Londra, tanto criticate sia dalla Germania che dagli altri paesi membri della CEE. Sir Leon era un esponente del governo della Thatcher quando improvvisamente, nel gennaio del 1986, si dimise per andare a Bruxelles.Nonostante le illusioni di grandeur, Parigi è un centro finanziario che non può tener testa alla prepotenza anglo-americana, e lo stesso discorso vale per i finanzieri di Francoforte, così come quelli del Sol Levante. Pur disponendo delle maggiori istituzioni bancarie e assicurative, il Giappone non è in grado di offrire una valida resistenza alle manipolazioni finanziarie anglo-americane.

La globalizzazione e il “Big Bang” londinese

La formula che gli anglo-americani tentano oggi di spacciare ai governi di tutto il mondo, convincerli cioè a svendere i patrimoni dello stato per ottenere qualche liquido con cui far fronte al dissesto del bilancio ed al tempo stesso “promuovere la competitività”, fu collaudata dalla finanza londinese alla fine del 1979, in particolare dalla N.M. Rothschild & Co., che coordinò la svendita generale per conto del governo della “Lady di Ferro”.
Così un ristretto gruppo di finanzieri ha dominato per quasi 12 anni l'economia inglese. Principalmente si tratta di esponenti della Società Mont Pelerin, come i consiglieri della Tatcher Karl Brunner, sir Alan Walters, lord Harris of High Cross ed altri ancora. La Società Mont Pelerin è stata presieduta internazionalmente fino a poco tempo fa dall'economista arciliberista Milton Friedman, ascoltatissimo dal Presidente Ronald Reagan.Friedman è l'architetto della politica economica imposta al Cile dalla dittatura di Augusto Pinochet. Essa si riduce all'idea di tenere il governo fuori da ogni intervento e lasciare che gli interessi privati facciano il bello e cattivo tempo. Friedman fece scalpore quando propose che l'eroina e gli altri stupefacenti venissero considerati alla stregua di una “merce” normale, in modo da permettere al consumatore di “scegliere liberamente” se acquistarla o meno.
Sotto la rivoluzione “liberistica” imposta dalla Thatcher sono state messe all'asta le imprese migliori dell'Inghilterra, dalla British Petroleum alle compagnie del gas e dell'acqua, fino alla industria militare Vickers. Da quando la Thatcher è stata costretta ad andarsene vengono pian piano alla luce informazioni sempre più precise di come ad arricchirsi spudoratamente in quella “privatizzazione” furono principalmente gli amici della Lady di Ferro.
D'altro canto quel “collaudo” dimostra come non sia affatto vero che l'industria, una volta privatizzata, diventi più efficiente. Dopo 13 anni di thatcherismo, quella britannica è la più arretrata tra le grandi economie europee. Negli investimenti per la Ricerca e Sviluppo del settore macchine industriali ed automobile, l'Inghilterra è stata superata anche dall'Italia. L'essenza del “liberismo” thatcheriano è dare la priorità assoluta alla finanza, a scapito dello sviluppo industriale dell'economia nazionale.
Questa degenerazione britannica toccò il fondo nell'ottobre del 1986, quando il governo decretò la completa deregolamentazione finanziaria della City di Londra, che fu chiamata il “Big Bang”. Poco meno di un anno dopo, la borsa di Londra crollò insieme a tutte le altre, travolte dalla frenetica spirale di speculazioni e truffe da essa iniziata.
In Inghilterra il “problema” delle ditte di proprietà statale, come la British Leyland o la Jaguar, non era il fatto che esse fossero di proprietà dello stato, ma piuttosto che questo stato, amministrato dal governo della Thatcher, non volle impegnarsi in una oculata politica di pianificazione degli investimenti industriali, cosa caratteristica ad esempio del MITI in Giappone, perché quel governo esprimeva gli interessi dell'alta finanza e non quelli delle capacità produttive del paese.
Oggi però dovrebbe essere chiaro anche ai non addetti che la deregolamentazione finanziaria londinese ha inesorabilmente portato alla rovina economica nazionale. L'Inghilterra versa nella peggiore crisi economica dagli anni Trenta, con la disoccupazione che è tornata ai livelli del 1979, quando si insediò la Thatcher. Il deficit del bilancio lievita ad un tasso annuale del 7% del PNL. Però, contrariamente alla situazione del 1979, oggi il governo britannico non dispone più di una propria base industriale con cui mettere in moto tutta una serie di investimenti nel settore industriale.
Ma, a prescindere dal saccheggio compiuto da sir Jimmy Goldsmith, Jacob Rothschild, lord Hanson e compagnia dietro il paravento del “liberismo ad oltranza”, la privatizzazione decisa della Thatcher va collocata nel contesto della strategia anglo-americana per aprire altre regioni economiche a forme molto sofisticate di saccheggio neo-coloniale, perpetrato con la “mano invisibile” tanto cara alle teorie liberistiche. Questa “mano invisibile” anglo-americana regola i meccanismi di fusioni ed acquisizioni operate da altri governi nella misura in cui questi sono così stupidi e sprovveduti da richiedere e pagare profumatamente “consulenze finanziarie” proprio a quella cricca di finanzieri.
Alla fine degli anni Settanta, quando a Londra la Thatcher cominciò lo scontro col sindacato per ridurre i salari e cominciò a svendere le imprese statali ai suoi amici, a Wall Street gente come Donald Regan, presidente della Merrill Lynch, e Walter Wriston, capo della Citicorp, si impegnarono a lanciare una “rivoluzione finanziaria” sulla stessa falsariga che in America fu chiamata “deregolamentazione dei mercati finanziari”.Quando Ronald Reagan diventò presidente nel 1981, e prestò ascolto a Milton Friedman, la deregulation fece innumerevoli proseliti a Washington. Nei 12 anni che seguirono, fino alla sconfitta di George Bush nel novembre del 1992, Washington voltò le spalle ad una ben dosata politica di supervisione e regolamentazione governativa di attività particolarmente importanti come quella delle compagnie aree e degli autotrasporti, per non parlare dell'economia in generale. Le leggi che erano state escogitate negli anni della Grande Depressione per proteggere la proprietà di piccoli risparmiatori e azionisti furono abrogate o ignorate negli anni Ottanta per fare spazio alla “legge del Far West” che prevede la sopravvivenza del più cattivo.Negli anni ruggenti della deregulation la filosofia negli USA era “tutto è ammesso, dillo con i soldi”. Così al crimine organizzato fu permesso di reinvestire i proventi illeciti nei regolari flussi finanziari, per poterli così usare nelle scalate speculative a Wall Street condotte da gente come Mike Milken, Ivan Boesky ed altri. Grazie al proliferare delle “obbligazioni spazzatura”, o altre tecniche speculative, si potevano acquisire imprese sane i cui nuovi proprietari trascuravano la politica di sviluppo a lungo termine su cui cresceva l'impresa, cercando solo di realizzare profitti a breve termine. Fu così che la TWA Airlines finì in mano a Carl Icahn, uno speculatore della banca Drexel.
In questi anni Ottanta, i principali istituti finanziari di Londra e New York, come la S.G. Warburg, la Barclays, la Midland Bank, la Citicorp, la Chase Manhattan, la Goldman Sachs, la Merrill Lynch, la Salomon Bros., lanciarono la “globalizzazione dei mercati finanziari”. Il presupposto di partenza era che se tutti i paesi avessero abolito i controlli sui flussi di capitali ed altri meccanismi, la nuova finanza anglo-americana avrebbe potuto accedere a nuovi, grandi spazi economici, altamente profittevoli. I grandi nomi della finanza erano alla caccia di nuovi organismi sani su cui esercitare la propria distruttiva opera parassitaria, e così sedussero molti ambienti bancari, sia europei che giapponesi, a rinunciare alla naturale diffidenza per unirsi al gioco speculativo anglo-americano e “vincere”.Uno dei sofismi utilizzati a questo proposito era quello che descriveva il sistema finanziario del paese preso di mira come “superato”, “obsoleto”, “non abbastanza dinamico”; insomma, da riformare per promuovere la nuova ondata di finanza creativa. Così l'intera Europa fu accusata di soffrire di “Eurosclerosi”. Tutti i trucchi sono buoni per costringere le economie nazionali a sollevare le barriere protettive e permettere alla finanza anglo-americana di dilagare su ciò che essa definiva mercati “arretrati” o “provinciali” e sfruttare la maggiore scaltrezza finanziaria per saccheggiarli.
La grande speculazione e la finanza angloamericana
Il vero e proprio inizio di questa dissennata corsa alla deregulation e alla “globalizzazione” dei mercati finanziari in stile thatcheriano, a cui assistiamo attualmente in Italia, risale alla fine degli anni '60, inizio anni '70. A partire da quel periodo, le grandi banche internazionali americane, come la Chase Manhattan e la Citicorp, iniziarono a cercare nuovi impieghi del capitale che fruttassero alti profitti, in quanto gli investimenti nell'economia interna americana non erano così profittevoli come quelli all'estero. Nel 1971, decine di miliardi di dollari avevano già abbandonato gli Stati Uniti ed erano approdati in Europa. L'astuto Sir Siegmund Warburg, presidente della omonima e celebre banca britannica (la stessa a cui il ministro del Tesoro Barucci si è recentemente rivolto per stimare il valore immobiliare dell'IMI), si recò allora a Washington per convincere il Tesoro e il Dipartimento di Stato USA a far rimanere all'estero quei capitali, in modo che Londra potesse usarli per ripristinare il ruolo di “banchiere mondiale” che la City aveva svolto fino al 1914. E' ironico che il primo prestito in “Eurobbligazioni” sottoscritto da Siegmund Warburg fosse quello di 15 milioni di dollari lanciato dalla Società Autostrade dell'IRI.
La vera trovata di Warburg fu però l'uso dei dollari espatriati in Europa, i cosiddetti “Eurodollari”, che si rivelarono l'innovazione finanziaria più destabilizzante degli anni settanta. Il Presidente Nixon, seguendo il consiglio di George Shultz e Paul Volcker, annunciò il 15 agosto 1971 che da quel momento in poi Washington e la Federal Reserve, la banca centrale USA, si sarebbero rifiutate di riscattare in oro i dollari posseduti dalle altre banche centrali. Washington stracciò, con atto unilaterale, gli accordi di Bretton Woods del 1944 che stabilivano l'ordine monetario postbellico. Di colpo, il mondo si ritrovò ostaggio di un regime di “tassi di cambio fluttuanti” che trasformò il sistema monetario basato sul dollaro in una gigantesca arena speculativa.
Nel maggio 1973, sei mesi prima che scoppiasse la “crisi petrolifera”, l'oligarchia politico-finanziaria angloamericana si riunì segretamente nella località svedese di Saltsjoebaden per discutere la fase successiva del “ricatto” esercitato per mezzo del dollaro sull'economia mondiale. Tra gli ospiti di quel ristretto gruppo di potenti, riuniti sotto l'egida del Club Bilderberg, c'era il Presidente della FIAT Gianni Agnelli. Si discusse che bisognava persuadere l'OPEC ad aumentare il prezzo del petrolio del 400%. Dato che dal 1945 il petrolio si acquistava solo con dollari, la mossa avrebbe automaticamente quadruplicato la domanda di dollari sul mercato internazionale.
Henry Kissinger, un altro ospite della riunione segreta del Bilderberg, battezzò l'idea col nome di “riciclaggio dei petrodollari”. I suoi interlocutori, come Lord Richardson della British Petroleum, Robert O. Anderson dell'americana Atlantic Ritchfield Corporation (ARCO) o lo svedese Marcus Wallenberg, non erano interessati a discutere come impedire i catastrofici effetti sull'economia mondiale derivanti da un quadruplicamento del prezzo del petrolio, ma, piuttosto, l'intera discussione in quella sperduta località della Svezia ruotò attorno all'idea di come assicurare che poche, scelte banche americane controllassero la nuova ricchezza dei “petrodollari” in mano araba. Si trattava quindi di come aumentare il potere nelle mani delle banche di Londra e New York, del cartello petrolifero e dei loro amici europei, alle spese del resto del mondo.
Negli anni '80, dopo due crisi petrolifere e l'equivalente shock della stretta creditizia pilotata da Paul Volcker alla guida della Federal Reserve (1979-1982), la deregulation finanziaria di Thatcher e Reagan creò, nel contesto di un valore “fluttuante” del dollaro e del riciclaggio di prestiti in petrodollari che rifinanziavano il deficit dei paesi del Terzo Mondo, la cornice per un nuovo riciclaggio, quello dei narco-dollari. La liberalizzazione delle transazioni finanziarie in Europa e negli Stati Uniti negli ultimi dieci anni è servita infatti ad aprire le porte al riciclaggio dei proventi illeciti della droga, che nel 1990 si stimava in un valore tra i 600 e i 1000 miliardi di dollari.
La Lugano connection
A questo punto occorre dedicare qualche riga alle finanziarie di Wall Street che svolgono un ruolo decisivo nella “privatizzazione” delle imprese pubbliche italiane. Sono tre le ditte impiegate all'uopo come “consulenti” del governo Amato: Goldman Sachs, Merrill Lynch e Salomon Brothers. Lo stesso ministro dell'Industria Giuseppe Guarino, contrario a una “svendita” del patrimonio industriale raccolto nelle ex Partecipazioni Statali, sembra riporre fiducia in queste tre finanziarie, i cui dirigenti incontrò il 17 settembre scorso nel corso di un viaggio a New York.Sono molti attualmente a ritenere la Goldman Sachs la più potente finanziaria di Wall Street, posizione conquistata almeno a partire dal 1991, quando scoppiarono gli scandali di “insider trading” che la coinvolgevano assieme alla Salomon Brothers. Il presidente della Goldman Sachs, Robert Rubin, sarà il capo del Consiglio per la Sicurezza Nazionale del Presidente Clinton. Quel posto dovrà essere un “ufficio di guerra economica” in stile britannico, per fronteggiare quelli che l'ex capo della CIA William Webster chiamò “gli alleati politici e militari dell'America che sono i suoi rivali economici”. Rubin non è il primo dirigente della Goldman Sachs che ricopre una carica nel governo americano. Prima di lui l'attuale vicepresidente, Robert Hormats, fu consigliere di Henry Kissinger al Dipartimento di Stato e un altro “senior partner”, John Whitehead, fu sottosegretario di Stato con Ronald Reagan. La Goldman Sachs é uno dei più influenti manipolatori del prezzo del petrolio e del valore delle monete, che determina tramite la sussidiaria J. Aron & CO., che opera sul mercato delle merci e dei “futures”. La Goldman Sachs ha rafforzato la sua presenza in Italia aprendo nel 1992 un “ufficio operativo” a Milano. Più avanti vedremo il ruolo cruciale che essa ha svolto nella crisi della lira e nella partita delle privatizzazioni.
La Salomon Brothers domina, assieme alla Goldman Sachs, il commercio di greggio mondiale. La Salomon possiede anche la svizzera Phibro (Philipp Brothers), che opera nel settore delle materie prime. Nel 1989 la Phibro fu coinvolta in un caso di riciclaggio di milioni di dollari ricavati dalla vendita di cocaina negli Stati Uniti. I soldi venivano riciclati dalla banda chiamata “La Mina”, che lavorava per il cartello della coca colombiano, nella Phibro Precious Metal Certificates.
Dopo gli scandali di “insider trading” e speculazione su Buoni del Tesoro USA scoppiati nel 1991, a cui abbiamo accennato sopra, ci fu un completo rinnovo dei vertici della finanziaria. Il nuovo presidente, attuale azionista di maggioranza, è Warren Buffett, originario di Omaha, Nebraska. Buffett, oltre ad essere amico intimo di George Bush, è anche il principale azionista del Washington Post e della rete televisiva ABC. Egli possiede vasti interessi anche nell'American Express (del cui consiglio di amministrazione fa parte Henry Kissinger) e nella Wells Fargo Bank. Lo stesso Buffett si dice sia implicato in uno scandalo di pedofili del Nebraska che facevano capo, fino alla fine degli anni '80, al finanziere repubblicano Larry King, della banca Franklin Credit Union. Buffett era il patrocinatore e il sostenitore di King. La Warren Buffett Foundation, la fondazione intestata a suo nome, finanzia cause antidemografiche, come quelle lanciate da organizzazioni americane come Negative Population Growth, Planned Parenthood, l'Associazione per la Sterilizzazione Volontaria e il Population Council.
La Merrill Lynch è famosa per il ruolo che svolse in una sensazionale operazione di riciclaggio del denaro tra l'Italia, la costa orientale degli Stati Uniti e Lugano. Si tratta della “Pizza connection”, che portò al processo in cui la famiglia mafiosa newyorchese dei Bonanno fu accusata di aver riciclato circa 3,5 miliardi di dollari fino a quando fu arrestata, nel 1984. I Bonanno avevano usato, per i loro traffici, la sede centrale di New York e gli uffici di Lugano della Merrill Lynch. L'aspetto più sconcertante del processo sulla “Pizza connection” in Svizzera e a New York è che essi ignorarono completamente la complicità dei vertici della Merrill Lynch. All'epoca del processo il ministro del Tesoro americano, responsabile per le ispezioni sul riciclaggio del denaro, era l'ex presidente della Merrill Lynch Donald Regan. Il processo si concluse con alcune multe nei confronti di funzionari minori della sede luganese della finanziaria americana, e la storia finì lì. Come è noto, la Merrill Lynch é stata incaricata dall'IRI, il 9 ottobre scorso, di preparare la privatizzazione del Credito Italiano.
Abbiamo fin qui identificato alcuni fatti poco noti che riguardano le tre finanziarie di Wall Street chiamate a svolgere un ruolo decisivo nella valutazione e nella stessa privatizzazione delle imprese pubbliche italiane. Queste finanziarie accedono a dati di grande importanza e delicatezza che riguardano alcune delle più valide imprese europee e si posizionano in assoluto vantaggio come “consiglieri per la privatizzazione”. Naturalmente, tutto secondo una rigida etica professionale e senza conflitti di interesse!
Moody e la guerra della lira
Quasi in contemporanea con la nomina del governo Amato, l'agenzia di “rating” newyorchese Moody's annunciò, con la sorpresa di molti, che avrebbe retrocesso l'Italia in serie C dal punto di vista della credibilità finanziaria. Questo, senza che le cifre del debito italiano fossero cambiate drasticamente (la tendenza al deficit era nota almeno da due anni) e senza alcun rischio di insolvenza da parte dello stato. La giustificazione di Moody's fu che il nuovo governo non dava sufficienti garanzie di voler apportare seri tagli al bilancio dello stato. Negli ambienti finanziari internazionali, Moody's è famosa perchè usa come arma “politica” la sua valutazione di rischio, tale che beneficia interessi angloamericani a svantaggio di banche rivali o, come nel caso dell'Italia, di intere nazioni. Il presidente della Moody's, John Bohn, ha ricoperto un'alta carica nel ministero del Tesoro USA sotto George Bush.
La mossa di Moody's costrinse il governo Amato ad alzare i tassi d'interesse sui BOT per non perdere gli investitori. Essa segnalò anche l'inizio di una guerra finanziaria contro la lira. Secondo fonti ben informate, i più aggressivi speculatori contro la lira, nell'attacco del luglio scorso, furono la Goldman Sachs e la S.G. Warburg di Londra. Ribadiamo che la speculazione ebbe un movente principalmente politico, non finanziario, e che, purtroppo, ebbe successo. L'Italia fu costretta ad abbandonare lo SME e il governo varò un piano di tagli e annunciate privatizzazioni per ridurre il deficit.Ciò che Amato non ha mai detto è che la svalutazione della lira nei confronti del dollaro ha dato agli avventurieri della Goldman Sachs e delle altre finanziarie di Wall Street un grande “vantaggio”. Calcolato in dollari, l'acquisto delle imprese da privatizzare è diventato, per gli acquirenti americani, circa il 30% meno costoso. Lentamente, specialmente dopo l'ultimo attacco speculativo dell'inizio dell'anno, la lira si va assestando sul valore “politico” di circa 1000 lire a marco, esattamente il valore indicato dalla Goldman Sachs nel luglio scorso come “valore reale” della moneta italiana.
Come mai questa “coincidenza”? Come mai la finanziaria newyorchese ha appena aperto un ufficio operativo in un paese che secondo i suoi criteri sprofonda nella crisi? Come mai un economista come Romano Prodi, “senior adviser” della Goldman Sachs, suggerisce di privatizzare alla grande, vendendo tutte e tre le banche d'interesse nazionale (Banca Commerciale, Credito italiano, Banca di Roma), più il San Paolo di Torino, il Monte dei Paschi di Siena e l'Ina (Convegno presso l'Assolombarda il 30 settembre 1992)?
Lo stesso Prodi, che nel passato è stato a capo dell'IRI, oggi sembra aver sposato completamente la causa neoliberista angloamericana, tanto da aver proposto, a metà novembre, che l'Europa applichi verso i paesi dell'est una politica simile a quella dell'accordo di libero scambio siglato tra Stati Uniti, Messico e Canada (NAFTA). Un tale trattato darebbe il via libera alle grandi imprese per trasferire le loro attività all'est, dove la forza lavoro costa meno (è quanto è avvenuto ai confini tra Stati Uniti e Messico). Ciò aggraverebbe la crisi all'ovest e condurrebbe, nel medio-lungo termine, ad un abbassamento della produttività anche all'est, dato che la manodopera sottopagata è anche meno qualificata.
Il governo italiano deve scartare una simile politica, così come deve abbandonare il circolo vizioso dei tassi d'interesse alti che, per difendere la moneta, alimentano lo stesso deficit che si dichiara di voler combattere. Tra il giugno e il settembre scorso, i tassi sono aumentati paurosamente, da circa l'11% al 20% prima che la lira abbandonasse lo SME. Tuttora la Banca d'Italia mantiene il tasso d'interesse al 13%. Tenuto conto che ogni punto di aumento degli interessi si traduce in 15.000 miliardi in più sul debito dello stato a breve termine, il governo italiano è stato messo alle corde dagli speculatori angloamericani (e dai loro complici italiani) aumentando la pressione per privatizzare a prezzi di svendita.Andando avanti su questa strada, l'Italia commetterà un suicidio economico. La sola via d'uscita è l'adozione di una politica creditizia nazionale del tipo che ai tempi di Enrico Mattei si sarebbe considerata ovvia. Occorre ripristinare il controllo sui cambi, congelare una parte del debito con una moratoria di 10-15 anni (salvaguardando naturalmente gli interessi dei piccoli risparmiatori), parallelamente all'avvio di una aggressiva politica di investimenti, favorita da crediti agevolati, nelle infrastrutture moderne, in concerto con i partners europei. Per far ciò, occorre che lo stato si riappropri della piena sovranità monetaria, il che significa che per finanziare gli investimenti esso non debba bussare alla porta della Banca d'Italia, la quale ha finora, incostituzionalmente, battuto moneta a nome dello stato per poi rivendergliela a tassi “di mercato”, cioè da usura. I motivi che hanno portato al “divorzio” tra il Tesoro e la Banca d'Italia, e cioè l'improduttivo finanziamento del debito, esistono, ma combattere il malgoverno non significa eliminare il governo. Perciò occorre porre fine al “divorzio” tra Bankitalia e Tesoro.
Una efficace repressione dell'attività di riciclaggio del denaro da parte della mafia, compreso quello investito nei BOT, accompagnata da un astuto cambio della moneta (la famosa “lira pesante”), darebbe alle istituzioni dello stato una posizione di forza e la credibilità e la fiducia popolare. L'alternativa è il caos e la guerra civile.
Il ruolo della Lega nel piano delle privatizzazioni
Un capitolo a parte merita il ruolo svolto dalla Lega Nord nella strategia anglo-americana di saccheggio dell'economia italiana. La Lega Nord, infatti, con la sua politica liberista radicale, è lo strumento politico ideale per realizzare gli obiettivi angloamericani. La Lega propone la privatizzazione di ogni attività economica in mano allo stato, dall'energia ai trasporti, dalle industrie di difesa alla Rai. Se si realizzasse la politica della Lega, non occorrerebbe sancire la secessione del Nord dal Sud (e infatti Bossi ha abbandonato il progetto di “Repubblica del Nord”, definendola una “provocazione”), in quanto la Repubblica italiana si frantumerebbe da sé. Allo stato centrale, infatti, secondo i leghisti, resterebbero solo i poteri di battere moneta, di difesa e di politica estera. Ma, poichè il primo è saldamente nelle mani della Banca d'Italia e il secondo, come gli stessi leghisti affermano, sarà delegato a strutture sovrannazionali nell'ambito dei nuovi scenari di guerre Nord-Sud, lo stato nazionale italiano sará una vuota carcassa.Ecco perché la Lega è stata appoggiata dai media che fanno capo alla City di Londra (Economist, Financial Times) e a Wall Street (Wall Street Journal, Time). E' difficile scoprire diretti legami tra questi centri finanziari internazionali e la Lega, anche se si può ipotizzare l'esistenza di contatti nell'ambito di canali massonici. Certamente si nota una straordinaria coincidenza tra l'ideologia leghista e i programmi sviluppati da certi centri studi. Un esempio: la trasformazione dell'Italia in “macroregioni” è una politica ufficialmente promossa dalla Fondazione Agnelli, che alla fine del 1990 avviò un progetto chiamato “Padania”, poi presentato in un convegno tenutosi a Torino l'11 e il 12 giugno 1992, con la partecipazione dell'ideologo della Lega, Gianfranco Miglio. Scopo del convegno fu quello di discutere “soluzioni specifiche, procedurali e/o istituzionali” per l'autonomia amministrativa della “macroregione” Padania, allo scopo di valorizzarne le risorse con “opportune competenze di governo”. Al di là del linguaggio formale, è chiaro che la Fondazione Agnelli promuove il progetto leghista. La Fondazione Agnelli, come è noto, fa capo alla famiglia Agnelli, legata a Enrico Cuccia, il “garante” degli equilibri economico-finanziari tra le grandi famiglie italiane e i centri di potere internazionali, ai quali è collegato tramite la banca Lazard.
Checché ne dica Bossi, egli si sta muovendo esattamente verso la distruzione dello stato nazionale, obiettivo ben chiaro nelle strategie dei suoi sponsor internazionali. Lo stesso organo della Lega, Repubblica del Nord, ha pubblicato il 21 ottobre 1992 uno studio promosso dalla “Associazione Americana di Geografia” (che dovrebbe essere la National Geographic Society, un'istituzione che fa capo a diversi servizi di intelligence USA), la quale prevede entro sei anni la divisione dell'Italia in cinque repubbliche, Nord, Centro, Sud e le isole. Un progetto coerente col disegno leghista, tanto che l'organo del partito di Bossi se ne compiace, e con quello attribuito alla Mafia di cui ha parlato, in una udienza presso la Commissione Parlamentare Antimafia, il pentito Leonardo Messina.
C'è di più: da Lombardia Autonomista del 29 luglio 1992 apprendiamo che la rivista americana Telos, diretta da Paul Piccone, giudica il modello leghista “generalizzabile a tutta Europa”. Piccone è noto per aver appoggiato le Brigate Rosse negli anni caldi del terrorismo italiano, sempre dalle colonne della rivista Telos, che a quel tempo era il punto di riferimento della sinistra “marxista” americana. Una costante, quindi, il sostegno alla destabilizzazione, condotto con un modus operandi che corrisponde alle classiche “covert operations” della CIA.

mercoledì 12 ottobre 2011

RESPINTO IL BILANCIO DELLO STATO. MA I CONTI SONO STATI TRUCCATI O NO ?



Grande enfasi oggi sulla bocciatura del bilancio consuntivo dello Stato. Le opposizioni cantano vittoria e chiedono le dimissioni del governo, minacciando nientemeno che l'Aventino durante il discorso di domani di Berlusconi. Il governo minimizza, dicendosi sicuro che domani, se ci sarà bisogno, riotterrà la fiducia della camera. Napolitano interviene con i suoi moniti, invitando il cavaliere a indicare nel suo discorso come intenda continuare a condurre la baracca.

Non so se questa notizia meriti l'attenzione che i media le stanno dedicando: a me ricorda molto le riunioni di condominio dove i condomini contestano le spese dell'amministratore, ma forse sbaglio ed effettivamente questa è una bomba...

C'è però un'altra notizia che è scomparsa dall'orizzonte alla velocità della luce: l'Italia, come la Grecia, avrebbe truccato i propri conti per poter entrare nella moneta unica.
Leggendo in rete mi sono imbattuto in una notizia molto simile risalente al Febbraio 2010:

"DERIVATI, L'ITALIA TRUCCA I CONTI DEL TESORO?
di Superbonus
Goldman Sachs in Grecia, JP Morgan in Italia. Il New York Times scrive che grazie ai derivati dal 1996 il nostro paese avrebbe truccato i conti. Ma il governo non parla. Tremonti dovrebbe chiarire in Parlamento.

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Immaginate di avere un mutuo di 100 mila euro a 20 anni sulla vostra casa e pagate il 4% di tasso. Si presenta da voi un banchiere internazionale e vi propone di darvi 20 mila euro subito, che potete spendere come vi pare. In cambio alzerà il tasso del vostro mutuo al 5%. Mentre tutti i vostri vicini continueranno a pagare il 4% e magari, se i tassi sono bassi, potranno passare dal tasso fisso al tasso variabile voi continuerete a pagare il 5% ed i 20 mila euro li avrete già spesi. È questo, grosso modo, che ha fatto la Grecia con la banca d’affari Goldman Sachs ed è questo che sembra avere fatto l’Italia con JP Morgan.

Il New York Times che ha riportato la notizia che, grazie ai derivati, dal 1996 l’Italia avrebbe truccato i conti non ha trovato né conferma né smentita dal nostro governo. In realtà sul Fatto Quotidiano del 19 dicembre 2009 avevamo segnalato la stranezza del fenomeno che si osservava intorno al debito pubblico italiano: i tassi di interesse scendevano, ma lo Stato continuava a pagare sempre lo stesso tasso sullo stock di debito. Ci eravamo chiesti se tale anomalia non fosse data dall’uso della "finanza creativa" per far rientrare il nostro paese nei parametri europei, taroccando di fatto i conti con l’aiuto di qualche banchiere compiacente e ben pagato. La questione non è di poco conto per due motivi. Il primo è di ordine politico: il derivato che il New York Times sostiene essere stato stipulato nel 1996 con JP Morgan è un derivato bipartisan, perché da Carlo Azeglio Ciampi in poi, tutti i ministri delle Finanze successivi devono esserne venuti a conoscenza.

Il trucco contabile, se davvero ci fosse, non sarebbe mai stato denunciato e quindi il dibattito sui conti pubblici italiani si sarebbe sviluppato per anni intorno ad una bugia contabile ben custodita dentro il ministero di via XX Settembre, dal direttore della Finanza della Cassa depositi e prestiti Matteo Del Fante, all’epoca dei fatti banchiere di Goldman (secondo la ricostruzione del Nyt).

Il secondo motivo riguarda la moralità e trasparenza delle istituzioni poste a guardia della correttezza dei conti e della trasparenza verso gli investitori internazionali. Il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi ha lavorato a Goldman Sachs negli anni in cui la Grecia ha realizzato lo swap con la banca d’affari. La stessa banca si è affrettata a smentire che Draghi abbia avuto un qualsiasi ruolo nella vicenda. Esiste tuttavia una singolare coincidenza: Draghi era anche direttore generale del Tesoro nel 1996 e se avesse realmente realizzato l’operazione di maquillage contabile spostando al futuro il debito, sarebbe anche lecito pensare che tale expertise possa essere stata messa al servizio di altri paesi europei una volta passato nelle file di Goldman Sachs. Ma i condizionali e i periodi ipotetici, ovviamente, sono obbligatori in attesa di riscontri concreti.

Goldman Sachs in Italia ha poi potuto vantare come consulenti nomi del calibro di Romano Prodi, Gianni Letta, Mario Monti e addirittura un Goldman boy, Massimo Tononi, era stato nominato sottosegretario al Tesoro nel 2006. Che fine a fatto Tononi? È tornato a lavorare per Goldman Sachs che lo ha riassunto con un lauto stipendio proprio mentre infuriava la bufera finanziaria e venivano licenziati centinaia di bancari a New York e Londra. Bastano questi esempi per capire perché ci sia l’impressione diffusa che nei luoghi deputati al controllo della trasparenza e della correttezza delle operazioni finanziarie dello Stato siano state installate porte girevoli che permettono agli uomini delle banche d’affari americane di entrare e uscire quanto vogliono. Se esista o meno questo gigantesco swap che ha gravato, o ancora grava sui nostri conti pubblici non è più una questione economica finanziaria, ma diventa una questione di credibilità della nostra classe dirigente.

L’inchiesta giornalistica del New York Times ha messo in allarme la city londinese. Ora anche il Financial Times e il Wall Street Journal sono a caccia dello scoop, sognando di smascherare il più grande falso contabile della storia. Forse sarebbe opportuno che, per la prima volta nella storia, il ministro del Tesoro Giulio Tremonti si presentasse in Parlamento e svelasse esattamente lo stato delle finanze italiane scoprendo quello che sembra essere il segreto meglio custodito della storia recente: la posizione complessiva in derivati del Tesoro e le relative controparti. Meglio sapere subito se dobbiamo stringere la cinta a causa di una classe dirigente scriteriata che ha ipotecato il nostro futuro piuttosto che scoprirlo a mercati aperti con conseguenze disastrose per i nostri titoli di Stato e i nostri risparmi.

Se i derivati ci sono e alterano i nostri conti possiamo ancora correre ai ripari. Ma per favore ci si risparmi la tiritera che sono stati stipulati in condizioni di emergenza, è una scusa che non regge per le vicende di Bertolaso figuriamoci se vale per chi entra ed esce da una banca d’affari".


Dunque, secondo l'articolo, il trucco risalirebbe al 1996 e avrebbe avuto come protagonisti personaggi che ancora oggi occupano ruoli chiave nel nostro paese. Gianni Letta è sottosegretario alla presidenza del consiglio; Draghi si accinge a sostituire Trichet alla guida della Bce; Prodi fa il padre nobile del Pd - a proposito: pochi ricordano che il Prodi politico fu un'imvenzione di D'Alema -; Ciampi è senatore a vita.

Insomma, se la notizia fosse vera, gli artefici del trucco in stile greco ricoprirebbero ancora ruoli di responsabilità da cui potrebbero ancora nuocere alla collettività.

Due cose mi sono tornate alla mente, leggendo questa notizia.

La prima, più recente, è l'intervista della BBC al trader indipendente, che disse che i politici non governano il mondo; è Goldman-Sachs a governarlo (più Jp Morgan e tutte le altre banche d'investimento).

La seconda risale a dieci anni fa. Tremonti, appena insediatosi il governo Berlusconi, apparve in Tv e annunciò che c'era un buco nei conti dello Stato: fu massacrato da Prodi e da tutto il centro-sinistra.
Sarà mica che il buco di cui parlava nel 2001 sia lo stesso di cui fugacemente si è parlato in questi giorni?