martedì 24 gennaio 2012

POVERI (E) SFIGATI !







Sfigato è un termine dispregiativo, che serve ad indicare una persona che, più che essere perseguitato dalla sfortuna, è un fallito, uno che non è riuscito a realizzarsi nè, tantomeno, a "farsi una posizione".

Nella nostra cultura contemporanea, schiava del mito della visibilità, è un termine estremamente appropriato: se non riesci ad avere successo, se non sei migliore degli altri, sei sfigato, un paria che è inutile conoscere o frequentare, perché da lui non potrai ottenere in cambio niente di utile.

E' chiaro che oggi sentirsi dare dello sfigato suona più che un'offesa: è una condanna da evitare a tutti i costi, dato che è un ostracismo vero e proprio.

Questa parola terribile è stata usata oggi dal sottosegretario al lavoro Michel Martone per definire tutti coloro che si laureano dopo i 28 anni. In tantissimi si sono indignati e incazzati. Sono convinto anche che se la siano presa solo per la parola "sfigati", che suona appunto come una condanna. Avesse detto "sfortunati" - magari perché costoro sono studenti che si sono pagati gli studi lavorando - probabilmente nessuno se la sarebbe presa così tanto.

Intendiamoci: è un'affermazione sgradevole e soprattutto beceramente classista se fatta da un figlio di papà che, per quanto intelligente e preparato, non sarebbe mai stato dove sta se fosse stato foglio di un umile idraulico. Ma indignarsi perché un tizio così dà dello sfigato a chi a 28 anni non si è ancora laureato, mi sembra una stupidaggine.

Semmai, bisognerebbe indignarsi perché in uno Stato che dovrebbe riconoscere uguale diritto allo studio tanto ai ricchi quanto ai poveri, un suo esponente possa dire, neanche tanto velatamente, che la possibilità di studiare sia appannaggio non di chi è intelligente e meritevole, bensì solamente di chi ha le risorse economiche per poterselo permettere.

Indignarsi, secondo me, non serve proprio a niente. Martone, anzi, andrebbe ringraziato perché, senza essersene reso conto, ha chiarito a tutti quali sono i pilastri fondanti della cosiddetta meritocrazia: non essere "sfigati". E avere i soldi. 

venerdì 20 gennaio 2012

SULLE NAVI COSTA : 500 DOLLARI AL MESE PER 84 ORE LAVORATIVE A SETTIMANA

Il Fatto Quotidiano 
 
La testimonianza di chi lavora per la compagnia raccontano l'altro lato della crociera: contratti a tempo, nessun rispetto delle regole e maestranze straniere per i posti più umili
 
I dipendenti a bordo delle 25 navi della Costa Crociere sono in totale 18 mila. “L’80 per cento di loro ha meno di 40 anni e proviene da 70 paesi diversi”, dice l’azienda. Fatta eccezione per gli ufficiali, quasi tutti italiani e ben pagati, i membri dello staff sono per lo più giovani provenienti da Asia e da America Latina. I più numerosi sono i filippini, seguiti da indiani e indonesiani. A loro vengono affidati i compiti più umili, come la pulizia delle camere o il lavaggio delle stoviglie.
 
Gli europei lavorano invece a contatto con il pubblico, dall’animazione all’accompagnamento turistico. Funzionava così anche per i 1.026 membri dell’equipaggio della Concordia, tra cui c’erano 296 filippini, 202 indiani, 170 indonesiani e 144 italiani. Le condizioni di lavoro? Herbert Rodelas è un filippino di 28 anni sbarcato a novembre dalla Costa Magica. Lavora per la compagnia dal 2005 come uomo delle pulizie: “Il mio ultimo stipendio è stato di 547 dollari al mese. Lavoro in media 12 ore al giorno, sette giorni su sette”. Va un po’ meglio ai camerieri. Brijesh Patel, indiano, ha lavorato per Costa Crociere dal 2000 al 2007: “Lo stipendio iniziale era di 550 euro, ma con le mance capitava di raggiungere anche 1.500 euro”. I ritmi di lavoro? “Dalle 12 alle 14 ore al giorno, sette su sette”. Brijesh Patel è stato fortunato: il suo stipendio gli è sempre stato versato in euro. “A febbraio del 2010″, racconta Herbert Rodelas, “la compagnia ha iniziato a pagare noi extracomunitari in dollari. Con un cambio uno a uno: quindi i miei 547 euro si sono trasformati in 547 dollari”. Una perdita secca, a valori attuali, di circa 150 dollari al mese.
 
Proteste? “Nessuna, temevamo di perdere il posto”. Già, perché i contratti di lavoro sulle navi sono a tempo determinato, vanno dai quattro agli otto mesi. E non esistono garanzie di rinnovo. Anche gli europei non se la passano bene. Monica Lommi, 35 anni, è stata a bordo delle navi Costa come accompagnatrice turistica, posto per cui è richiesta la conoscenza di almeno tre lingue: “Lavoravo dalle 10 alle 15 ore al giorno, sette giorni su sette. Così per tutti i sei mesi di contratto. Lo stipendio? 900 euro al mese”. La legge italiana prevede che sulle navi da crociera non si possa lavorare in media più di 11 ore al giorno. Leo Gaggiano, referente unitario della Cgil per il gruppo Costa Crociere, assicura che “i dipendenti della compagnia lavorano al massimo 10 ore, ogni settimana beneficiano di una giornata di pausa e le loro paghe sono superiori a quanto stabiliscono le organizzazioni internazionali”.
Tutti i lavoratori del gruppo contattati sostengono però un’altra versione. Come Melissa Virdi, 30 anni, operatrice al front desk, compito per cui è richiesta la conoscenza scritta e orale di almeno quattro lingue: “Ero occupata sette giorni su sette, per almeno 12 ore al giorno, turni notturni compresi, e lo stipendio era di 700 euro al mese”. Come è possibile? Il trucco lo spiega una manager che per Costa Crociere continua a lavorare e perciò preferisce l’anonimato: “Ogni 15 giorni dobbiamo inserire in un modulo elettronico le ore lavorate dai dipendenti del nostro ufficio. Il programma non permette però di riportare una media superiore alle 11 ore al giorno, quindi i dati ufficiali non sono reali”.
Ecco spiegata la bella vita di chi lavora sulle navi da crociera. Gente che dorme in cabine da 6 metri quadri, da dividere in due, senza un oblò perché quelli sono riservati ai clienti. Gente che ci ha rimesso la vita davanti all’isola del Giglio. E’ così, grazie all’abbattimento dei costi della manodopera, che i clienti possono permettersi crociere a prezzi abbordabili. Anche in virtù di quei filippini bistrattati perché incapaci di parlare italiano. D’altronde sarebbe difficile trovare migliaia di connazionali disposti a ricevere uno stipendio di 500 dollari al mese per una media di 84 ore lavorative a settimana.
E infatti, nonostante la maggioranza dei clienti sia italiana, parlare la nostra lingua non è indispensabile per lavorare sulle navi della Costa. Il requisito fondamentale è la conoscenza basilare dell’inglese. Su una cosa i dipendenti tengono però a fare chiarezza: la preparazione alle emergenze. Tutti i lavoratori prima di imbarcarsi devono sostenere a spese proprie (500 euro) il Basic Safety Training, un corso di tre giorni in cui vengono addestrati alle tecniche antincendio, al salvataggio in mare e alle operazioni di primo soccorso. A ciò si aggiungono le simulazioni di abbandono nave: procedure che ogni lavoratore deve svolgere una volta iniziato l’imbarco. Sono le stesse esercitazioni che i passeggeri saliti a Civitavecchia avrebbero svolto sabato, a 24 ore dall’inizio della crociera, proprio come prevede la legge.





giovedì 19 gennaio 2012

E' TUTTA COLPA DEL COMANDANTE ?





Sono giorni ormai che si parla del naufragio della Costa Concordia e si cerca in tutti i modi di dimostrare come la tragedia abbia potuto verificarsi solo perché al comando di quella nave c'era un incapace che è impazzito e ha commesso una serie di errori madornali, tentando infine la fuga per sottrarsi alle proprie responsabilità.

Certamente, se le cose stessero così, il problema sarebbe risolto: il comandante Schettino non comanderà una nave fino alla fine dei suoi giorni e tutti i croceristi potranno tranquillamente salire a bordo tranquilli, per godersi la loro sospirata vacanza.

Non so perché, ma la storia dell'errore umano che una volta rimosso risolverà tutti i problemi mi sembra talmente semplice da suonarmi fasulla.

Per prima cosa, navi come la Costa Concordia non sono navi. Sono enormi centri commerciali galleggianti, che imbarcano a bordo una quantità di persone talmente spropositata da metterle intrinsecamente già in pericolo solo per il fatto stesso di trovarsi tutte nello stesso posto. Il naufragio della nave è lì a dimostrarlo: molti naufraghi si sono lamentati del fatto che non c'era personale ad aiutarli. Tutti fuggiti? Non penso proprio. Forse, più semplicemente, non erano abbastanza: queste sono navi moderne e la tecnologia ha sostituito il fattore umano. Va tutto bene, finché non arriva il momento in cui il computer non ti può aiutare ad evacuare.

Il capro espiatorio serve a far sì che non si parli di tutti i problemi veri che il diastro ha messo a nudo.

Se la colpa è solo del capitano che è incompetente e pavido, perché mai l'amministratore di Costa Crociere si è sentito in dovere di assicurare che le loro navi sono sicure? Avrei trovato molto più logico che assicurasse i potenziali clienti che i comandanti delle altre navi della compagnia non sono degli incapaci come lui.

Altra cosa che suona falsa come Giuda è quell'assicurazione - fatta tra le lacrime - che lo scopo della compagnia è l'etica e la sicurezza. Pensavo che il loro scopo fosse il guadagno.

Il vero problema non è che un incompetente era al comando di quella nave.
Il vero problema è che esistono navi come quella.

venerdì 13 gennaio 2012

ME NE FREGO





La Corte Costituzionale ha giudicato inamissibili i referendum per l'abrogazione - sia totale, che parziale - della legge elettorale attualmente in vigore: un sistema davvero indecente, che solo un'altrettanto indecente intelligenza (?) come quella di Calderoli poteva partorire.
Non sono un giurista per poter dire, come fa Di Pietro, che questa è stata una sentenza politica e che ormai - tolto l'olio di ricino - siamo in un regime. Ma, visto che con qualunque legge elettorale in vigore, se ci fossero le elezioni andrei ad annullare la scheda, posso dire che non me ne frega niente.

La Camera ha negato l'arresto di Cosentino. Come al solito, ha travalicato le sue funzioni e si è arrogata il diritto di decidere in base al fatto che, secondo la maggioranza dei suoi membri, non ci sono le prove. Che Cosentino sia colpevole o innocente, a me non interessa. E' scandaloso che un deputato possa godere di un grado di giudizio ulteriore rispetto agli altri comuni mortali.

Vent'anni fa, quando ancora non c'era Internet, la Camera negò ai giudici di Mani Pulite l'autorizzazione a procedere nei confronti di Craxi. Successe il finimondo, con la gente in piazza a protestare. Fu un casino tale, che anche il Presidente Scalfaro fu costretto ad intervenire per dire che era stata scritta una brutta pagina della storia repubblicana.
Con la gente fisicamente in piazza a protestare, i politici furono costretti a mettersi da parte.
La scena di Craxi che esce dall'hotel Rafael accolto da una pioggia di monetine è ancora in rete.

Oggi, vent'anni dopo, le cose sono cambiate, almeno in parte. Quando accade qualcosa, ci si indigna riversando la protesta in rete. Sicuramente è un modo molto più rapido e anche incommensurabilmente più comodo, che uscire di casa per andare a protestare in strada, al freddo.

Altrettanto sicuramente, però, è un sistema che non funziona, visto che non si riesce a cambiare nulla.
E dato che in strada ci vanno sempre meno persone, non si è molto interessati a cambiare davvero le cose.

Dato che vent'anni fa protestavo in strada, mentre adesso mi indigno con l'aiuto di una tastiera, vuol dire che oggi non me ne frega niente. Del resto non sono capace di tirare le monetine da uno schermo.

lunedì 2 gennaio 2012

FLEXSECURITY, OVVERO COME PIETRO ICHINO TI SALVERA' IL POSTO





E' più forte di me. Ogni volta che sento la sua voce mi girano le balle. Se poi, come stasera, decido masochisticamente di ascoltare anche quello che dice, finisce che m'incazzo.

Stasera era su Radio Popolare a magnificare le sue geniali proposte per riformare il mondo del lavoro.

La sostanza? Tutti assunti a tempo indeterminato, ma con la libertà per le aziende di licenziare.

In cambio, però, l'azienda che ti dà un calcio nel culo ti assicura anche la borsa del ghiaccio contribuendo al sussidio di disoccupazione. Questo, secondo lui, farebbe da deterrente ai licenziamenti, visto che così le aziende o non ti licenzierebbero più, oppure, pur di non pagare, si impegnerebbero alla tua spedita ricollocazione nel mondo del lavoro.

Neanche un attimo di respiro? Nemmeno per sogno!

Il tuo capo ti dà un calcio in culo (licenziato), ti porge la borsa del ghiaccio (qualche spicciolo per la disoccupazione) e poi, mentre ti curi la botta si affanna a ributtarti dentro a un nuovo posto di lavoro e la ruota può così ricominciare a girare.

Flexsecurity l'ha chiamata questa "cagata pazzesca": la sicurezza nella flessibilità.

Ovviamente Mario Monti è sempre stato un grande estimatore delle trovate del giuslavorista e c'è da temere che le sue idee di riforma del lavoro non siano così dissimili da queste.

Stasera Ichino ha voluto superarsi. E' riuscito a dire che questa situazione di flessibilità lavorativa - che secondo lui non è precariato, beninteso - dovrà diventare una "condizione fisiologica di ogni lavoratore".

Mi sono immaginato uno che con un contratto del genere va in banca a chiedere un mutuo ventennale per comprarsi una casa: sicuramente gli srotolerebbero il tappeto rosso vista la sicurezza nella flessibilità che avrebbe di ripagare il prestito.

E' proprio più forte di me: non riesco a farmi prendere per il culo, senza incazzarmi.

Se però qualcuno ce la fa, perché non propone al genio di provare lui per primo se la sua proposta funziona? Io dico di no, ma se mi dimostra il contrario, accetto ben volentieri.

Buon anno.