giovedì 30 giugno 2011

INAIL, ATTO SECONDO

Dunque, ho deciso: vado all'INAIL e mi faccio visitare lì, costi quel che costi.
Il giorno dopo mi alzo di buon ora e prendo i mezzi. Un po' di tempo che non viaggiavo con il trasporto pubblico: questo treno è pulito e con aria condizionata, peccato che la ressa impedisca di respirare. Sembra una confortevole scatola di sardine.
Fortuna che il viaggio è breve: dopo poco finalmente scendo e mi fermo un attimo a riassaporare la bella sensazione di avere ancora dei polmoni che immettono aria nel mio corpo.
Con passo deciso mi avvio verso l'ufficio di competenza.
Sono addirittura arrivato in anticipo, mi tocca aspettare.
Finalmente apre. Raggiungo la sala d'attesa e mi adeguo alla mia funzione: attendo. Sono il terzo in fila, ma chiamarla fila non è giusto: siamo in cinque.
L'ambiente è molto silenzioso e c'è posto per sedersi: mi accomodo, anche perché con il collare faccio fatica a stare in piedi.
Finalmente tocca a me.
Spiego la situazione e l'impiegato inserisce nel terminale il mio nome: la pratica e stata aperta, è il suo responso... ("E' fatta", penso)... C'è un problema, però: è stata aperta presso un altro ufficio, dall'altra parte della città!
"Proviamo a fare una cosa...", mi dice, e attacca a smanettare sulla tastiera, spiegandomi che forse è possibile spostare tutto in questo ufficio.
"Aspetti un attimo... Niente, non ci riesco: deve andare là, mi dispiace." e mi scrive l'indirizzo dell'ufficio, dandomi anche tutte le indicazioni per arrivarci.
Ringrazio e, smadonnando, mi incammino verso la meta. Il mio medico, penso, ha sempre più ragione. Va bé, almeno sono gentili, mi consolo.
Finalmente arrivo, entro, prendo il mio numerino e mi rimetto in fila.
Anche qui, di gente c'è n'é poca e posso sedermi.
Pochi minuti d'attesa ed è il mio turno: spiego alla signora che mi sta di fronte che mi sono fatto male al lavoro, che il mio medico non mi può fare il certificato e che quindi ho deciso di rivolgermi a loro.
"Giusto, ha fatto benissimo", risponde con un ampio sorriso, "doveva proprio venire qui. Vada pure di là- dice, indicando il corridoio- e si faccia visitare dalla dottoressa.".
Corridoio, piccolo ufficio, altra impiegata: "Buongiorno. Deve farsi visitare? Prego, tenga il numero" e mi mette in mano un bigliettino.
Altra sala d'attesa con poche persone. Guardo il mio foglietto: numero 10. Guardo l'orologio: un quarto alle undici.
O sono sfacciatamente fortunato, o in questo posto non ci viene nessuno.
Forse il mio medico non ha poi così ragione, resta da vedere se è vero che ti rimandano a lavorare anche se sei ammaccato.
Pochi minuti ed è il mio turno.
La dottoressa mi fa sedere, si fa spiegare quello che è successo, poi si alza e mi visita.
Torna alla scrivania e si mette a scrivere al computer. Stampa un foglio, lo firma, me lo dà e mi dice: "Ci rivediamo tra dieci giorni".
All'inizio non capisco, poi leggo il foglio che ho davanti: mi ha prolungato l'infortunio.
Forse anche i forum che li dipingono come dei macellai hanno torto.

1 commento:

  1. a mè invece non è andata così per la gentilezza !! anzi ! ho anche trovato delle persone molto altezzose e poco cortesi sebbene non tutte siano state così ma alcune..... lasciamo perdere !!!

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