sabato 25 giugno 2011

INAIL, ATTO PRIMO

Un paio di settimane fa sono rimasto vittima di un incidente sul lavoro e sono andato in ospedale. Mi hanno dato un po' di giorni di riposo e per me si è aperto il mondo delle pratiche INAIL, di cui ho cominciato a farmi una cultura.
Passa qualche giorno e, approssimandosi la scadenza del certificato, chiamo il medico curante convinto che sia lui, come sempre mi è stato detto, colui che deve chiudere ho prolungare la pratica. E' un tipo un po' particolare, direi un No-Global di destra e neanche stavolta si smentisce: lui non è specializzato in medicina del lavoro, quindi non ha titolo per farmi un certificato del genere, che comunque non avrebbe alcun valore legale. Devo andare, dice, all'INAIL e farmi visitare dai loro medici e, se si rifiutano, inscenare seduta stante una veemente protesta perché pago le tasse ed ho diritto ad essere visitato da loro. "Non ti muovere da lì, finché non ti visitano!", chiosa, lanciandosi in un lungo pippotto sulla sanità pubblica e su come è ridotta. Conclude con un'amara osservazione sul fatto che l'istituto in questione non funziona, che chi ci lavora non ha voglia di fare un cazzo, che lui si è rotto di supplire alle loro disfunzioni. "Comunque... se hai bisogno chiamami, ché non ti lascio col culo per terra!": se proprio dovessero rifiutarsi di visitarmi (o, penso io, chiamare la polizia perché c'è uno che protesta nei loro uffici) il certificato me lo fa lui, ma devo pagare 50 Euro perché non è una prestazione da medico di base.
Trasecolo: io dovrei pagare per rientrare a lavorare? E se non pagassi? Potrei starmene a casa per sempre?
Un po' mi preoccupa l'idea di entrare in questo mondo così disorganizzato abitato da schiere di brunettiani fannulloni.
Mentre penso al da farsi, guardo su internet un po' di forum di condannati come me che si sono visti costretti al sacrificio: la maggioranza dice che sono andati a farsi visitare ed il medico li ha rimandati al lavoro, anche se i loro sintomi non erano passati. Addirittura c'è una che racconta che il marito si è rotto un braccio e l'hanno rimandato a lavorare appena ha tolto il gesso, anche se non riusciva ancora a muoverlo!
La tentazione di scucire 50 Euro per evitare di tornare al lavoro sciancato mi viene, però il principio ha la meglio: chiamo l'Inail e prego.
Mi risponde il solito call-center che mi passa la filiale di competenza.
Se non han voglia di lavorare... qui ci passo la giornata per niente... rispondono al terzo squillo... spiego il problema, ma la mia pratica non risulta... "Eccoci", penso... l'impiegata mi dà la sua mail e dice di far mandare la denuncia dal mio datore di lavoro, altrimenti di richiamare l'indomani perché i loro terminali oggi vanno a rilento.
Gentili, ma forse il mio medico ha ragione.

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