giovedì 23 febbraio 2012

RIFORME O RISTRUTTURAZIONI COATTE ?



Quando sento uno come Veltroni dire che il Pd dovrebbe cercare di agganciare al partito uno come Monti, mi sorge spontanea la domanda se ci troviamo di fronte ad un esponente politico che è avanti di vent'anni - un genio incompreso -, oppure se non è che una mezza calzetta assolutamente sopravvalutata.

Dato che è un esponente di spicco del Pd, mi viene sempre spontaneo allargare il dubbio all'intera classe dirigente di quel partito. Qui i casi sono due: se sono tutti geni, forse farebbero meglio a fermarsi un attimo e a cercare di spiegare meglio le loro idee anche a tutti quelli che li votano, dato che altrimenti - come spesso succede - corrono il rischio di non essere compresi; se invece non fanno parte dell'Olimpo dei grandi pensatori politici, allora sarebbe meglio che smettessero di portare avanti la loro linea politica, visto che prima o poi apparirà chiaro a tutti come essa sia politicamente composta da un preoccupante vuoto pneumatico.

Io personalmente sono dell'idea che ci troviamo di fronte ad un'accozzaglia dei peggiori esponenti politici della nostra storia: gente che in altre epoche avrebbe avuto come massima aspirazione quella di scaldare qualche poltrona di qualche consiglio di amministrazione con il compito di fare il cane da guardia dei loro veri padroni.

Del resto, il solo fatto che si possa concepire di fare di Monti il leader del centro-sinistra la dice lunga sull'assoluta mancanza di idee di quello schieramento politico.

In questi giorni poi stiamo assistendo a qualcosa di tragicamente comico, qualcosa per cui è veramente meglio ridere per non piangere. Da una parte abbiamo un governo tecnico che è stato messo lì allo scopo di far da garante per qualcuno che non sono i cittadini che amministra. Dall'altra parte ci sono dei partiti politici che ormai da anni hanno abdicato al loro ruolo di interpreti delle istanze popolari, per trasformarsi in veri e propri comitati d'affari, per curare gli interessi di chi - le varie lobbies - li foraggia.

In mezzo ci siamo tutti noi - i cittadini - bombardati da una valanga di informazioni assolutamente inutili e confusi da continui proclami fatti con parole e frasi che non hanno più il loro significato originario. Noi che abbiamo televisione, radio, Internet e giornali non siamo più in grado di capire cosa sta succedendo, proprio perché in un sistema dell'informazione sempre più vasto non siamo più in grado di cogliere gli elementi fondamentali, tralasciando quelli inutili. Prendiamo tutto, assorbendolo come spugne, e non riusciamo più a capire.

Un esempio per spiegare può essere quello della cosiddetta riforma del mercato del lavoro. Il termine riforma indica un cambiamento, si spera in meglio, di una situazione. Ci dicono che l'obiettivo è quello di togliere qualcosa ha chi ha tutto, per darlo a chi non ha niente. Detto così può anche apparire accettabile: un po' come il tolgo ai ricchi per dare ai poveri di Robin Hood.
Messa così la gente potrebbe anche trovarlo positivo: chi sta meglio rinuncia a qualcosina, così chi sta peggio migliorerà un po' la propria condizione.

In teoria potrebbe funzionare. Ci sarà qualcuno che starà un po' meglio. In questo modo, il termine riforma assume quella valenza positiva che lo rende accettabile. Il problema è di cercare di capire se dietro quel termine c'è un'idea altrettanto positiva. Secondo me no, perché la riforma del lavoro che verrà fatta in realtà sarà una riforma dei diritti di chi lavora.

Provate ad immaginare che il governo annunci una nuova riforma elettorale e che vi dica che per dare qualcosa a chi non ha niente sia necessario togliere qualcosa a chi ha tutto. Dato che anche qui si parla di un diritto - quello di voto -, vorrebbe dire che per far votare chi non può occorrerebbe che chi può rinunciasse in parte a quel diritto. Un po' come dire che per dare il diritto di voto ad un immigrato io dovessi rinunciare al mio diritto di votare, ad esempio, alle comunali.

Messa così non sembra più una bella cosa, non trovate?

Allora forse anche il termine riforma non è più pertinente, visto che, in questo contesto, anche la reintroduzione della schiavitù sarebbe una riforma del lavoro, così come una dittatura sarebbe una riforma elettorale. In fondo, verrebbe riconosciuto a tutti il diritto - oltre che l'obbligo - a lavorare.

Forse allora, invece di riforma, si dovrebbe cominciare a parlare di ristrutturazione coatta del mercato del lavoro. E forse non sarà una bella cosa.

venerdì 3 febbraio 2012

FACEBOOK. FATTI TUOI S.P.A.







E' naturale che un individuo tenda ad enfatizzare i suoi lati positivi, cercando al contempo di nascondere ciò che di sè ritiene negativo.

Il rapporto concreto con le persone che ci circondano è fondamentale per il nostro equilibrio, perché è proprio l'altro da sè che deve rimettere le cose a posto, evidenziando gli aspetti negativi - del nostro carattere, ad esempio - che, diversamente, nessuno di noi sarebbe portato a prendere in considerazione.

E' questo il motivo principale per cui non ho mai preso in considerazione l'idea di iscrivermi ad un social network come Facebook. Proprio perché la condizione di partenza è viziata dalla mancanza di un rapporto concreto con l'interlocutore, tutto ciò che ne deriva - amicizia, condivisione - sarà sempre non del tutto vero nella migliore delle ipotesi; totalmente fasullo, nella peggiore.

Allo stesso tempo, però, considero un genio il suo fondatore. E' riuscito a guadagnare una montagna di dollari, solamente dando la possibilità a milioni di persone di poter mettere in rete i fatti propri e di condividerli con altri milioni di persone: un gossip all'ennesima potenza. E, esattamente come il gossip, tutto si basa non sul vero, ma sul verosimile: non esiste, cioè, alcun filtro, indispensabile per ricondurre le cose nel loro contesto reale.

Adesso, sto assistendo in parte con divertimento, in parte con sconcerto, al passo successivo: la quotazione di Facebook in borsa. Cioè la conversione in azioni di parte dell'esistenza dei propri utenti.

Se fossi iscritto a Facebook, io un po' di azioni le comprerei. Non tanto per guadagnarci, dato che adesso probabilmente è il turno del cosiddetto "parco buoi". Quanto piuttosto per potermi riappropriare di una parte almeno dei fatti miei.

Quello Zuckerberg è proprio un genio...

giovedì 2 febbraio 2012

ABOLIRE I TESORIERI LADRI, NON I FINANZIAMENTI







Oggi, il tesoriere della Margherita, il senatore Lusi (Pd), ha dimostrato che i tempi e i partiti sono cambiati: da vere e proprie strutture aziendali, che avevano bisogno di enormi quantità di denaro per poter funzionare, sono diventati dei condomini dove l'amministratore scappa con la cassa.

Vent'anni fa, i tesorieri che venivano pizzicati si giustificavano sostenendo che rubavano per il partito.

Oggi, forse anche a causa della crisi economica, la musica è cambiata: i soldi si sottraggono per bisogno.

Chiaro che una storia del genere faccia tornare in auge l'eterno dibattito sull'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Di fronte a fatti come quello di Lusi, la tentazione di dire che andrebbe abolito del tutto pare essere la più logica.

Bisognerebbe però anche fermarsi a riflettere sulle conseguenze di questa abolizione. Innanzi tutto, è vero che i partiti non vivono d'aria; quindi, o si aboliscono anche loro, oppure ci si dovrebbe domandare dove i partiti andrebbero a prendere il denaro che non gli arriverebbe più dal finanziamento pubblico. L'unica possibilità sarebbero i privati, all'incirca come succede in America, dove però le lobbies hanno una posizione preminente nell'influenzare la linea politica dei partiti, secondo il classico "pago, quindi ho diritto".

Francamente, un sistema del genere mi sembra ancora peggiore di quello in vigore, anche se non si può certo dire che quello che c'è funzioni bene. Ma eliminarlo del tutto, senza nemmeno tentare di renderlo efficiente non sembra essere la soluzione più ponderata.

Altrimenti, secondo questa logica, si potrebbe abolire la gestione pubblica dell'acqua, dato che gli acquedotti pubblici non sono efficienti. Oppure, abolire le pensioni d'invalidità, perché ci sono i falsi invalidi.